Manfredi Potenti prevedeva lo stop ai "neologismi" per cariche istituzionali o professionali

È bufera dopo la proposta di legge del senatore Manfredi Potenti (Lega) che punta allo stop dell’uso del femminile per cariche istituzionali o professionali con “neologismi” come ‘sindaca’ o ‘avvocata’. La bozza era arrivata in Senato lo scorso 11 luglio: prevede il divieto, negli atti pubblici, per “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge“. L’obiettivo dichiarato in premessa è “preservare l’integrità della lingua italiana, e in particolare evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come ‘Sindaco’, ‘Prefetto’, ‘Questore’, ‘Avvocato’ dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”. In un articolo del testo in bozza sono previste anche sanzioni da 1.000 a 5.000 euro per chi viola il divieto.

Le reazioni e il ritiro

Tante le reazioni delle opposizioni alla proposta, tra chi parlava di norma “anacronistica” e chi la definiva una “scemenza da repertorio”. Poi, fonti della Lega hanno specificato di non condividere il disegno di legge e di averne chiesto il ritiro immediato. “La Lega precisa che la proposta di legge del senatore Manfredi Potenti è un’iniziativa del tutto personale. I vertici del partito, a partire dal capogruppo al senato Massimiliano Romeo, non condividono quanto riportato nel ddl Potenti il cui testo non rispecchia in alcun modo la linea della Lega che ne ha già chiesto il ritiro immediato“, spiegano le fonti del Carroccio. 

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