L'ormai ex presidente di Regione è stato arrestato il 7 maggio scorso con l'accusa di corruzione. Nella maxi inchiesta della Procura di Genova sono coinvolte altre nove persone
Con le dimissioni ufficializzate da Giovanni Toti dalla carica di presidente della Regione Liguria si chiude il cerchio politico della vicenda nata in seguito alle indagini della guardia di finanza che, lo scorso 7 maggio, ha arrestato lo stesso governatore con l’accusa di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio.
Toti era ai domiciliari da oltre due mesi perché coinvolto nell’inchiesta. Nella maxi indagine della Procura di Genova e dalla Guardia di finanza sono coinvolte altre nove persone destinatarie di misure coercitive e interdittive. La Guardia di Finanza aveva perquisito la Regione e sequestrato 570mila euro a diversi imprenditori.
Le tappe dell’inchiesta
Il governatore è accusato dai pm, guidati da Nicola Piacente, di aver ricevuto in più tranche, attraverso il proprio comitato elettorale, 74.100 euro dagli imprenditori del settore logistica e immobiliare Aldo e Roberto Spinelli per agevolare affari. Figura chiave dell’inchiesta il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, ex sindaco di Portovenere e uomo forte nelle Cinque Terre. Raggiunto da due diverse misure cautelari ai domiciliari (Genova e La Spezia) per corruzione e turbativa d’asta.
L’inchiesta, secondo quanto ricostruito, inizia nel gennaio 2020 quando la Fondazione Change che fa capo a Toti finisce sotto i riflettori di Bankitalia per alcuni finanziamenti che ricevono l’etichetta di ‘Segnalazione di operazioni sospette’, le cosiddette Sos. In una nota, il procuratore capo di Nicola Piacente, con gli arresti del 7 maggio, aveva spiegato che “al presidente della Regione Liguria si contesta di avere accettato da Aldo Spinelli e Roberto Spinelli le promesse di vari finanziamenti e ricevuto complessivamente 74.100 euro”. Lo scorso 18 luglio, l’ormai ex presidente della Regione Liguria ha ricevuto una nuova misura cautelare per presunti finanziamenti illeciti occultati attraverso spot elettorali pilotati dall’ex manager di Esselunga Francesco Moncada, a sostegno della candidatura del sindaco Marco Bucci alle amministrative del 2022, ma in realtà per ottenere agevolazioni – secondo l’accusa – per l’apertura di altri punti vendita sul territorio della città. Condotte analoghe sono state riscontrate dagli inquirenti anche nella gestione della campagna elettorale per le politiche dello stesso anno. Una seconda ordinanza che ribadisce l’esistenza di una ‘consolidata sistematicità del meccanismo corruttivo’.
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