Se non si trova la quadra la maggioranza rischia una clamorosa autorete convocando la seduta per poi non ottenere il risultato previsto
C’è chi vede una possibile schiarita all’orizzonte e chi invece ancora non considera del tutto maturi i tempi per chiudere la partita sulle nomine Rai, prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. In FdI, ad esempio, alcuni respirano ottimismo e spingono – anche su input della premier Giorgia Meloni – per archiviare nel giro di un paio di settimane il dossier. “Ci sono i margini” per chiudere – è quindi la convinzione dalle parti di via della Scrofa – magari calendarizzando tra mercoledì sera e giovedì mattina alla Camera e al Senato il voto per i quattro componenti del cda dell’emittente pubblica, e la settimana successiva l’appuntamento in commissione di Vigilanza per ratificare l’indicazione del nuovo presidente.
“Se in settimana in Parlamento si fanno i consiglieri, e il governo poi fa le sue due nomine”, ovvero presidente e amministratore delegato, “la Rai il giorno stesso fa il Cda” viene spiegato, senza sottovalutare la delicatezza di un passaggio “sempre critico”, ma “vedrete che si troverà un accordo, la trattativa si può sbloccare in qualsiasi momento”. Lo schema sembra non prevedere più il direttore generale, nel mirino della Lega visto che Simona Agnes sarà indicata come presidente in quota Forza Italia e Giampaolo Rossi sarà l’ad indicato dai meloniani. E questo perché, si ricorda, quella del dg è una figura strettamente collegata all’amministratore delegato che può, a sua discrezione, decidere di prevederlo o meno. “E come si fa ad imporre a Rossi un dg, cioè una braccio operativo?” è la domanda retorica che si fanno in FdI. “La Lega vuole tutto” ma, si evidenzia, “la discussione ci potrà essere su tanti altri temi”. Insomma intanto il Carroccio dovrebbe ‘accontentarsi’ di un consigliere eletto tra i quattro di nomina parlamentare (gli altri saranno indicati da FdI, e Pd e M5s per l’opposizione).
Non tutti però pensano che la soluzione sia davvero a portata di mano. Fonti vicine al dossier riferiscono della “preoccupazione” che ci sarebbe ancora “per i numeri al Senato”. Inoltre, viene fatto notare, non è chiaro come si possa procedere in mancanza di un accordo in Vigilanza. Anche perché la Lega continua a chiedere il dg (oltre che nuove direzioni all’interno dell’organigramma) per accettare la presidenza di Simona Agnes in quota Forza Italia. Ovviamente se non si trova la quadra la maggioranza rischia una clamorosa autorete convocando la seduta per poi non ottenere il risultato previsto: il presidente incaricato ha bisogno infatti dei due terzi dei voti della Vigilanza per essere eletto, all’interno della Lega si fa notare che serve un accordo con una parte dell’opposizione per arrivare al quorum e non è affatto scontato che tutti i voti leghisti possano arrivare a destinazione. Con questo scenario la maggioranza non può certo permettersi incidenti che verrebbe amplificati in un momento in cui la gestione del servizio pubblico è quotidianamente al centro del dibattito politico, tanto più dopo lo scambio con l’Unione europea.
In attesa di una schiarita, proprio la presidente della commissione Barbara Floridia su X torna sulla lettera di Meloni a Ursula von der Leyen scrivendo che la premier “si rivolge all’Europa per parlare di libertà di informazione e di Rai con lo sguardo rivolto perennemente al passato. Meloni sa benissimo che proprio in queste ore è in cantiere l’accordo tra i partiti della sua maggioranza per spartirsi le nuove nomine”, mentre “serve una nuova legge che cancelli quella di Renzi del 2015 e che rispetti i principi imposti dall’Unione europea. Dopo l’estate ci si sieda al tavolo e si ragioni seriamente su questo”.
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