Camera e Senato eleggono i quattro componenti del Cda di viale Mazzini. Votano M5S-Avs, Schlein 'Noi coerenti, altri no'.
Nomine Rai, ci siamo. Oggi Camera e Senato voteranno i quattro componenti del cda di viale Mazzini di investitura parlamentare. Due consiglieri andranno al centrodestra (in pole per FdI Federica Frangi, ora data per favorita su Valeria Falcone e Antonio Marano in quota Lega, che dovrebbe avere la meglio su Alessandro Casarin). Gli altri due componenti del board saranno invece scelti dalla minoranza.
Dopo l’unità delle ultime settimane, infatti, si rompe il fronte delle opposizioni. M5S e Avs parteciperanno al voto, mentre il Pd – non senza qualche distinguo interno – conferma la ‘linea dura’ e non entrerà in aula. “Noi siamo coerenti, sono gli altri che anno cambiato posizione“, attacca.
La decisione di Giuseppe Conte e compagni, che confermeranno l’uscente Alessandro Di Mayo, matura in realtà già in un’assemblea dei parlamentari martedì sera. “Appare contrario all’interesse pubblico lasciare il Cda nelle mani dei soli consiglieri designati dalle forze di maggioranza, rinunciando così le forze di opposizione a esercitare le funzioni di vigilanza, di controllo e di garanzia di pluralismo in un momento estremamente delicato per il Servizio Pubblico”, comunica una nota.
Da Campo Marzio, poi, respingono al mittente ogni ipotesi di inciucio tra Conte e Meloni: “Il M5S non baratterà mai la necessaria riforma volta a rendere indipendente, imparziale ed efficiente il servizio pubblico radiotelevisivo con qualche poltrona. Chi getta fango e alimenta queste voci – è la frecciatina riservata anche agli alleati – farebbe bene a essere conseguente impegnandosi per il solo risultato che conta: la liberazione delle poltrone occupate in decenni di lottizzazione”. Il leader M5S non ha dubbi: “Noi domani andiamo a votare perché si tratta di servizio pubblico non di un affare privato. È una questione di garanzia, di vigilanza. Poi ho detto in tutte le lingue che conosco che non voteremo Agnes presidente”, ribadisce ai cronisti in Transatlantico.
Sul fronte della riforma, intanto, qualcosa si muove. La presidente della commissione di Vigilanza Barbara Floridia scrive ai presidenti delle commissioni competenti “per sollecitare” l’incardinamento delle proposte di legge di riforma del Servizio Pubblico. “È giunto il momento che dalle parole si passi ai fatti e che si avvii nelle sedi competenti il percorso di riforma nel solco dei principi del Media Freedom Act europeo”, mette nero su bianco. Passano poche ore e Claudio Fazzone, presidente FI della commissione Lavori pubblici e Comunicazioni di palazzo Madama fa sapere che martedì prossimo, primo ottobre, verranno incardinati tutti i disegni di legge di riforma della governance di viale Mazzini. Per Avs è il segnale di apertura che mancava: “Ho parlato lungamente con Nicola Fratoianni e pensiamo che, anche alla luce del risultato che abbiamo ottenuto con l’incardinamento avviato dalla Commissione al Senato da Fazzone” dei disegni di legge che riguardano la riforma della Rai, “non lasciamo che quel presidio sia messo a disposizione a rafforzare Meloni, quindi domani ci saremo anche noi e voteremo”, spiega Bonelli. L’orientamento sarebbe quello di votare Roberto Natale in accordo con il M5S.
La decisione di Avs spiazza il Pd. Schlein riunisce i componenti dem della Vigilanza e i capigruppo per valutare il da farsi. E’ Sandro Ruotolo, responsabile Informazione della segreteria, ad aprire l’incontro. “Prima il Media freedom act, poi i nomi. Altrimenti è un cda che nasce in scadenza”, è il ragionamento. Diversi tra i presenti fanno notare a lui e alla segretaria che ‘gli alleati’ si comporteranno diversamente, ma la linea non cambia: non ci facciamo tirare dalla giacchetta. L’ufficialità della decisione arriva con l’assemblea congiunta di deputati e senatori, nonostante il M5S inviti l’alleato “a non rompere il fronte delle opposizioni”. Schlein tira dritto: “Noi siamo coerenti con le cose che diciamo e non siamo disponibili a farci tirare per la giacca. Penso che noi dobbiamo continuare a fare la battaglia che stiamo facendo in vigilanza e fuori. Non è una smobilitazione, è una mobilitazione ancora più forte fatta da una posizione di coerenza inattaccabile. Non c’è ragione di rinnovare il Cda, visto che già controllano la Rai, vogliono spartirsi i posti e hanno rinviato la riforma al 2mila mai”, tuona. Non solo. Un pensiero è rivolto anche agli alleati del campo largo: “Sono altri che devono rispondere di aver cambiato posizione. Noi siamo coerenti, delle scelte degli altri chiedete agli altri”, sentenzia. Allineato al Pd, invece, Matteo Renzi, che – salvo sorprese – si unirà all’Aventino dem.
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