Respinta la richiesta del tribunale dei ministri. I pm di Roma indagano sul caso della nomina di Maria Rosaria Boccia

L’Aula del Senato ha negato l’autorizzazione al tribunale dei ministri per l’acquisizione della corrispondenza e delle chat private dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nell’ambito dell’inchiesta della Procura in cui è indagato per peculato e rivelazione di segreti d’ufficio, a seguito di un esposto presentato dal deputato Avs Angelo Bonelli nell’ambito della vicenda che ha coinvolto Sangiuliano con l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia. L’Assemblea ha approvato la relazione già approvata dalla Giunta per le Immunità, che parla di ‘fumus persecutionis’ e nega l’autorizzazione, con 95 sì, 58 no e nessun astenuto. I legali di Sangiuliano: “È pronto a collaborare con il Tribunale dei ministri” 

Il parere della Giunta per le Immunità del Senato

Stop all’acquisizione delle chat dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. La Giunta per le Immunità del Senato ha votato contro la richiesta del Tribunale dei ministri di acquisire la corrispondenza di Sangiuliano. Approvata la relazione del senatore di Forza Italia, Adriano Paroli, che chiede di negare l’autorizzazione. La richiesta era stata fatta a seguito dell’indagine della Procura di Roma aperta sull’ex ministro – nell’ambito del caso sulla nomina di Maria Rosaria Boccia, poi saltata – per peculato e rivelazione di segreti d’ufficio.

L’indagine è scaturita da un esposto del deputato di Avs Angelo Bonelli. Sul caso decide la Giunta del Senato perché è competente sui ministri non parlamentari. Nel pomeriggio, è atteso il voto dell‘Aula di Palazzo Madama sulla relazione approvata dalla Giunta, nella quale si parla di “fumus persecutionis” nei confronti dell’ex ministro.

Il pressing delle opposizioni

“È stata approvata la relazione” del senatore Adriano Paroli, “tutta l’opposizione aveva votato contro quelle che sono le risultanze della relazione, mentre la maggioranza ha dato manforte al relatore stesso votando in maniera favorevole. Questo oggi sarà il primo provvedimento che arriverà in Aula”, ha spiegato la senatrice del M5S Ada Lopreiato, uscendo dalla riunione della Giunta delle Immunità del Senato.

“La questione – ha ricordato Lopreiato – è l’autorizzazione della corrispondenza WhatsApp che intercorre quindi tra Sangiuliano e la Boccia, nel procedimento penale che vede Sangiuliano indagato a seguito di una denuncia avanzata dal deputato Bonelli. Viene evocato il ‘fumus persecutionis’ di secondo grado, chiaramente l’opposizione ha evidenziato la sua inesistenza, cosa che invece il relatore ritiene che sussista, così come la maggioranza, che ha avallato quello che ha detto il relatore in questo senso. Noi invece sul reato” di rivelazione di segreti d’ufficio, uno dei due contestati a Sangiuliano insieme con il peculato, “riteniamo che sia la prova unica del fatto stesso, e quindi riteniamo inesistente” il fumus persecutionis.

Anche Pd e Iv a favore dell’acquisizione delle chat

“Noi abbiamo votato contro – ha spiegato la senatrice del Pd, Anna Rossomando – sulla base proprio dello schema logico seguito nella relazione. Nella richiesta del Tribunale dei ministri si fa riferimento all’esposto, richiamandolo in modo circostanziato, e si dice che la ricerca di questo mezzo di prova, ovvero l’acquisizione della corrispondenza, è indispensabile e rilevante per decidere, come la legge prescrive, se passare alla fase successiva di una richiesta di autorizzazione a procedere o archiviarla da subito. Quindi tra l’altro anche a garanzia in questo caso di Sangiuliano. Se devi accertare una violazione di segreti d’ufficio, l’acquisizione della corrispondenza è necessaria, altrimenti come lo provi?”.

“Diciamo che quello – ha aggiunto il senatore di Iv, Ivan Scalfarotto, uscendo con i colleghi dalla Giunta – non è un mezzo di prova di un reato esterno è il fatto del reato: cioè dato che il reato è la rivelazione di segreto d’ufficio, l’acquisizione dei documenti non serve a verificare se c’è stata ad esempio una ipotesi di corruzione, ma è il fatto stesso che in quei messaggi si siano rivelati fatti di ufficio che prova il reato stesso. Quindi non è un’acquisizione rilevante ai fini della prova. È, come dice il tribunale, indispensabile, perché potrebbe essere proprio, come dire, il corpo del reato“.

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