“La riforma non è di Giovanni Falcone, per un fatto evidente. Falcone è venuto a mancare nel ’92, la riforma matura in tutt’altro contesto. Non c’è bisogno di cercare paternità che non può avere. La riforma appartiene ad altri. Credo non sia giusto e non sia di buon gusto tirare in campo il nome di Giovanni Falcone“. Così il presidente di ANM, Giuseppe Santalucia, a margine del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati a Roma, risponde a chi definisce come ‘Riforma Falcone’ la proposta di separazione delle carriere di magistrati inquirenti e giudicanti. In merito all’ipotesi che il quesito referendario possa essere “Siete contenti di com’è oggi la magistratura?”, Santalucia risponde: “È una domanda che chiama un referendum non sulla separazione delle carriere, ma una sorta di referendum sul gradimento della magistratura, il gradimento del servizio giustizia quindi. E quella risposta non riguarderebbe solo la magistratura, ma anche il ministro della Giustizia“. Infatti, prosegue, “se noi non riusciamo sempre a essere all’altezza dei cittadini non è sempre e solo colpa nostra, perché il sistema è complesso e c’è una grande responsabilità nella gestione delle risorse del ministero della Giustizia e su quel terreno lo stiamo incalzando molto perché siamo assai in ritardo”. La riforma quindi, conclude Santalucia, “non affronta il problema dei servizi della giustizia, del miglioramento della qualità e della quantità. Interviene sul versante della giustizia come potere dello Stato, ma non si occupa della giustizia come servizio dei cittadini. Non è una riforma che può avere ricadute sulla vita dei cittadini, se non nel senso peggiore, di avere un magistrato meno forte, meno indipendente e meno autonomo. Perché quello sì, segnerebbe uno scadimento della qualità della risposta”.