La premier è stata intervistata dalla direttrice di 'Donna Moderna' Maria Elena Viola
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata intervistata dalla direttrice di ‘Donna Moderna’, Maria Elena Viola, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, che cade oggi, 25 novembre.
“Quali interventi si possono mettere in campo per garantire maggiore sicurezza alle donne che hanno paura ad uscire da sole? Io vengo accusata ogni giorno di aver introdotto troppi nuovi reati… Il tema della sicurezza, soprattutto nelle nostre città, è sempre più evidente. Noi abbiamo dato dei segnali molto importanti” attraverso “le assunzioni nelle forze dell’ordine”, con i reati “che servono per combattere l’insicurezza dilagante nelle nostre città”, e poi “il tema del contrasto all’immigrazione illegale di massa, una delle materie su cui il governo si spende di più. Adesso verrò definita razzista, ma c’è una incidenza maggiore, purtroppo nei casi di violenza sessuale, da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente, perché quando non hai niente si produce una degenerazione che può portare da ogni parte” ha detto la premier.
“C’è un lavoro qui che è soprattutto securitario, la dimensione culturale c’entra di meno – spiega la premier –. Bisogna garantire la presenza delle forze dell’ordine, garantire che ci siano i reati, garantire che quando qualcuno commette un reato paghi per quel reato, che è un altro tema che abbiamo in Italia”.
“Come si può fermare la strage dei femminicidi? È un tema sul quale mi sono molto interrogata. L’Italia ha una legislazione molto importante su questa materia, legislazione alla quale tra l’altro ha contribuito anche questo governo con un’ultima legge approvata un anno fa all’unanimità dalle forze politiche. Una delle poche cose che siamo riusciti ad approvare all’unanimità… Io penso che arrivati a questo punto la sfida sia soprattutto di carattere culturale”, dice Meloni.
“Le norme non mancano, gli strumenti non mancano – aggiunge la premier -, le risorse, quelle mancano sempre ma comunque dedichiamo delle risorse a questa materia, forse il dibattito non è sufficiente. Nel senso che io trovo che molto spesso di questa materia si parli un po’ anche accettando magari lo scontro ideologico, su una materia sulla quale invece non ha proprio senso né dividersi né cercare il buono e il cattivo”.
“In Italia gli uomini si vergognano a prendere il congedo parentale? Sono d’accordo ed è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non so quanto lo possiamo risolvere con un obbligo”. “Il congedo parentale, come lo abbiamo ampliato noi, si utilizza fino al sesto anno di vita del bambino e consente alla famiglia di organizzarsi perché non si smette di essere genitori dopo i primi mesi di vita del figlio. È un congedo che si prende a condizione necessaria – spiega la premier –. Se noi lo mettessimo obbligatorio potremmo aumentarlo di quanto? Dieci giorni, un mese? Non avrebbe lo stesso impatto. Culturalmente sì, però secondo me ha più senso se noi su questo lavoriamo sul piano culturale perché ci dà una risposta che può essere ugualmente utile, senza però comprimere quello che stiamo dando alle famiglie, perché tre mesi sono tre mesi”. “Sicuramente sul tema culturale questa è una battaglia che mi interessa”, conclude.
“In Italia gli uomini si vergognano a prendere il congedo parentale? Sono d’accordo ed è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non so quanto lo possiamo risolvere con un obbligo” dice ancora Meloni. “Il congedo parentale, come lo abbiamo ampliato noi, si utilizza fino al sesto anno di vita del bambino e consente alla famiglia di organizzarsi perché non si smette di essere genitori dopo i primi mesi di vita del figlio. È un congedo che si prende a condizione necessaria – spiega la premier –. Se noi lo mettessimo obbligatorio potremmo aumentarlo di quanto? Dieci giorni, un mese? Non avrebbe lo stesso impatto. Culturalmente sì, però secondo me ha più senso se noi su questo lavoriamo sul piano culturale perché ci dà una risposta che può essere ugualmente utile, senza però comprimere quello che stiamo dando alle famiglie, perché tre mesi sono tre mesi”. “Sicuramente sul tema culturale questa è una battaglia che mi interessa”, conclude.
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