“Vedo il rischio che di fronte” alle “diseguaglianze, anziché reagire, uno si rassegni che prevalga la paura, che prevalga la chiusura di ognuno pensando che da soli se lo deve risolvere. Ecco, io penso che proprio perché questa è la situazione, e proprio perché dall’altra parte oggi abbiamo un governo che sta agendo dal mio punto di vista proprio per mettere in discussione le organizzazioni sociali di rappresentanza, perché non vuole governare riconoscendo un ruolo di mediazione sociale ai vari soggetti di rappresentanza, ma pensa di poter comandare senza bisogno di dover mediare come dovrebbe fare qualsiasi governo anche con i soggetti sociali che hanno una rappresentanza, penso che di fronte a tutto questo ci sia bisogno che le persone di fronte alle ingiustizie, di fronte a quello che sta succedendo non si voltino da un’altra parte, ma che ognuno si rivolti di fronte a questa ingiustizia, si metta insieme agli altri anche con solidarietà per cambiare sostanzialmente questa situazione”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nel suo intervento al congresso delle Acli, spiegando cosa intendesse dire con “rivolta sociale” quando ha parlato dello sciopero generale del 29 novembre. “Quando sono stato all’incontro a Palazzo Chigi, quando ci hanno convocato per la legge di bilancio, ho fatto anche un regalo alla presidente del Consiglio, ‘L’uomo in rivolta’ di Albert Camus”, ha ricordato, aggiungendo che nel libro si sviluppa un ragionamento sul concetto di rivolta: “Parte proprio dal fatto che se una persona non si rivolta di fronte alle ingiustizie, allora non esiste come persona, perché vuol dire naturalmente che viene cancellato e che non ha alcun ruolo”, ha osservato, il libro “rimetteva proprio al centro il concetto della libertà della persona e come la libertà della persona poteva determinarsi anche in termini di realizzazione”.