C'è un fascicolo sul governo italiano ma non esiste alcun procedimento aperto
Ancora alta tensione sull’asse Roma-L’Aja a causa della vicenda Almasri. Alla Corte penale internazionale (Cpi) c’è infatti un fascicolo sull’operato del governo italiano relativamente al caso del comandante della polizia giudiziaria libica, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità.
La denuncia sull’operato del governo italiano
Secondo quanto riferito dal quotidiano ‘Avvenire’, il tutto nasce dalla denuncia di un rifugiato sudanese e l’accusa all’esecutivo, su cui è chiamata a valutare la Cpi, è “ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma”. Nella denuncia ricevuta dall’Ufficio del Procuratore, che l’ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi della premier Giorgia Meloni, e dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Al momento, riferiscono fonti di governo, non risulta nessun procedimento aperto contro l’Italia dalla Cpi.
Nessun procedimento contro l’Italia
Il procuratore della Corte, spiegano le stesse fonti, non ha ufficialmente inviato la denuncia del cittadino sudanese né al registrer né ai giudici ma ha semplicemente ricevuto una segnalazione via mail. A scrivere ai giudici internazionali attraverso i suoi legali è stato un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subito in Libia. La comunicazione legale raccolta dall’Ufficio del procuratore si compone di 23 pagine, visionate dal quotidiano, nelle quali è ricostruita la vicenda Almasri fino alla riconsegna in Libia, mentre il rifugiato è assistito a Parigi da due avvocati impegnati in svariati processi davanti alle giurisdizioni internazionali: Juan Branco e Omer Shatz.
Secondo l’accusa, nella quale Meloni, Nordio e Piantedosi sono indicati come “sospettati” spiega Avvenire, i rappresentanti del governo italiano non hanno provveduto a consegnare Almasri alla Cpi: “Hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali”. In particolare viene citato l’articolo 70 dello Statuto di Roma che disciplina i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale. Secondo la norma “la Corte eserciterà la propria giurisdizione” su una vasta serie di reati, tra cui “ostacolare o intralciare la libera presenza o testimonianza di un teste”.
L’ironia di Nordio: “Tutti indagano un po’ su tutto”
Una volta appreso del fascicolo all’Aja, Nordio si è limitato a commentare in modo ironico che “ormai a questo mondo tutti indagano un po’ su tutto”. “Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana, o meglio – le parole del Guardasigilli -, io postulo la giustizia divina proprio perché quella umana spesso è fallibile, però accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va”.
L’ira di Tajani: “Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte”
Decisamente meno soft la reazione del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, impegnato in una missione in Israele: “No comment sulla Cpi, ho già molte riserve sul suo comportamento su questa vicenda. Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata”. “L’atto inviato all’Italia era nullo, condivido al 100% quello che ha detto il ministro Nordio”, ha quindi aggiunto il titolare della Farnesina. La linea del governo, emersa anche dalle informative di ieri di Nordio e Piantedosi, d’altronde è chiara: Almasri è stato rimpatriato in Libia per ragioni di sicurezza pubblica, una scelta fatta nell’interesse del paese. Non solo, come ribadito anche dal viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, “la Cpi non si è mossa bene in questa vicenda, ha emanato un provvedimento che può essere nullo, imperfetto, sbagliato, ma era un provvedimento che non aveva le caratteristiche per essere credibile”.
I commenti di Conte e Schlein
A replicare con fermezza al segretario di FI è però il leader del M5s, Giuseppe Conte: “Leggendo oggi che il ministro Tajani ha detto che andrebbe indagata la Cpi, io da cittadino italiano dico: no, ministro Tajani, siete voi che dovete rispondere di questa violazione gravissima di fronte alla giustizia internazionale al popolo italiano”. All’attacco anche la segretaria dem Elly Schlein: “Le parole pronunciate ieri da Nordio hanno aperto uno scontro senza precedenti con la Cpi, frutto delle contraddizioni del Governo e della scelta che Meloni non ha avuto il coraggio di spiegare”. “La verità è sotto gli occhi di tutti – prosegue -: Meloni ha impedito che un criminale internazionale venisse assicurato alla giustizia, riaccompagnandolo con tutti gli onori laddove può continuare a commettere i suoi crimini. Quello che vogliamo ribadire, ancora una volta, è che l’informativa di ieri non ha chiarito nulla, semmai ha aumentato lo sconcerto: Nordio e Piantedosi si sono presentati con due linee diverse e confliggenti l’una con l’altra”. “Per questo ancora una volta ribadiamo che è Meloni a dover rispondere politicamente della vicenda. Davanti al Parlamento e al Paese, basta nascondersi, non parla ormai da giorni, è ora che finalmente chiarisca questa vicenda”, conclude Schlein.
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