Il vicepremier: "Valuteremo con alleati". Il regista: "Orgoglioso sia presa sul serio". Ma da Lega no di Borgonzoni

Il governo pensa ad istituire un ministero del Cinema. L’idea, lanciata da Pupi Avati, è stata accolta favorevolmente dall’esecutivo, come dice il vicepremier Antonio Tajani. “Pupi Avati mi ha parlato della sua idea di dar vita al ministero del cinema. È una proposta interessante per valorizzare i contenuti culturali, audiovisivi e multimediali che da sempre danno lustro all’Italia ed aiutano a promuovere i nostri prodotti. Cinema, un settore chiave del made in Italy. Valuteremo questa iniziativa con gli alleati di governo”, scrive sui social il leader di Forza Italia.

Un giudizio favorevole che incontra l’entusiasmo di Avati. “L’apertura di Tajani sulla mia proposta di un ministero del Cinema? La cosa mi riempie d’orgoglio perché vuol dire che è stata finalmente presa seriamente in considerazione dal governo”, dice il cineasta a LaPresse. “E’ una proposta bipartisan che l’intero Parlamento deve prendere in considerazione, perché il cinema italiano è patrimonio del Paese e non di un partito né di governo di opposizione – aggiunge Avati – La leggenda del cinema italiano di sinistra è tramontata. C’è il cinema bello e quello brutto, la differenza la fa la qualità”.

Dalla Lega si registra però la contrarietà della sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni. “Ringraziamo per lo spunto dato, ma il tema non può essere all’ordine del giorno. Stiamo lavorando con il Ministero dell’Economia e delle Finanze per trovare ulteriori risorse così da gestire la grande richiesta di tax credit, vista la forte attrattività del nostro Paese e il grande successo che sta vivendo il cinema italiano. Non ultimi, voglio ricordare titoli come Diamanti, Il ragazzo dai pantaloni rosa, Parthenope”,  afferma in una l’esponente del Carroccio. “Distogliere fondi pubblici dal settore, che occupa oltre 100mila lavoratori, per duplicare un ministero sarebbe – oggi ancor più – un’operazione inutile e dannosa, non solo economicamente, ma anche in termini di tempo. Si rischierebbe di paralizzare la filiera per più di un anno”, conclude Borgonzoni. 

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