La premier alla Camera: "Questa non è la mia Europa". Il M5S: "Non c'è spazio per il fascismo". Cos'è successo mercoledì a Montecitorio

“È una trappola? Un’operazione di distrazione? Ok, ma io ci cado tutti i giorni e a tutte le ore per difendere la memoria e la storia. Siamo al nazional-populismo”. Federico Fornaro, deputato Pd e studioso di storia e scienza politica, è un fiume in piena. Dopo aver sbattuto i pugni sui banchi in aula e urlato a squarciagola a Giorgia Meloni di “studiare la storia”, in Transatlantico si sfoga con i cronisti. Le parole della premier, la sua “rilettura macchiettistica e oltraggiosa” del Manifesto di Ventotene, hanno fatto infuriare i dem.

Lorenzo Guerini prova a calmare gli animi: “Meloni ha fatto questa operazione per coprire le divisioni del governo sul piano europeo che sono clamorose. Prima Molinari e poi Salvini hanno detto che non ha il mandato a votare ReArm Eu. Solo che il suo è un tentativo goffo e fatto su una cosa sacra come il Manifesto di Ventotene”, spiega. Dall’altra parte del Transatlantico un big di FdI scherza: “Non è che avete a portata di mano una copia del Manifesto di Ventotene così adesso in Aula la distruggo tanto per rendere il clima più disteso?”.

Meloni contro il Manifesto di Ventotene: “Questa non è la mia Europa”

L’affondo della premier in Aula, insomma, ha dato i suoi effetti. “Questa non è la mia Europa” dice Meloni, e scoppia la bagarre. Il centrodestra si alza in piedi a tributare la sua standing ovation alla premier. Battono le mani anche i sottosegretari Gianmarco Mazzi e Wanda Ferro, seduti davanti alla presidente del Consiglio e ai ministri. “Non si può applaudire dai banchi del governo”; “vergogna“, urlano le opposizioni. Meloni lascia l’aula. Tommaso Foti cerca di leggere i pareri sulle risoluzioni, strilla per coprire il rumoreggiare a sinistra e sembra declamare una formazione calcistica quando annuncia il sì al testo sottoscritto dai capigruppo di maggioranza. Non si può andare avanti. Il presidente Lorenzo Fontana sospende la seduta per alcuni minuti, alla ripresa, però, i decibel degli interventi non cambiano.

Le opposizioni: “Ci sentiamo offesi e indignati”

Ci sentiamo offesi e indignati, è successo un fatto gravissimo: questa Costituzione è nata anche a Ventotene, è grazie a quegli uomini e a quelle donne che siete liberi. Non si può dileggiare chi ha salvato la nostra patria. Dovete dire grazie a quei rivoluzionari e chiedere scusa“, tuona Marco Grimaldi, deputato di Avs. “Oltraggiare Ventotene significa oltraggiare la memoria di Altiero Spinelli, il padre dell’Europa, di Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni – gli fa eco Fornaro – Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, non insulti la loro memoria. Il Manifesto di Ventotene non è quello che sostiene Meloni ‘l’inno della dittatura del proletariato’ ma il suo esatto contrario: l’inno dell’Europa federale contro i nazionalismi che sono stati il cancro del novecento”.

M5S: “Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo”

Dal M5S, Alfonso Colucci affonda il colpo: “Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo”. Meloni, da poco rientrata in aula, si mette a ridere, scatenando la nuova protesta delle opposizioni. “La presidente del Consiglio ora ride – nota il deputato pentastellato -. Si vergogni!. Fontana dovrebbe violentemente stigmatizzare le parole della presidente del Consiglio”. Lo scontro si accende di nuovo.

Fontana interrompe i lavori

Il presidente della Camera è costretto ad interrompere di nuovo i lavori e convoca i capigruppo. Le dichiarazioni di voto vengono rimandate al pomeriggio. Meloni, in partenza per Bruxelles, non c’è, ma lo scontro va avanti con la minoranza che lamenta l’assenza della premier.

L’attacco di Schlein e Conte

Elly Schlein sceglie un post su Facebook, però, per rispondere alla leader FdI: “Giorgia Meloni non solo non ha il coraggio di difendere i valori su cui l’Unione è fondata dagli attacchi di Trump e di Musk, ma ha deciso in Aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia“, dice chiaro.

Intervenendo in Aula sceglie invece di non ‘cadere nel gioco’ della rivale e si concentra sulle divisioni interne al centrodestra: la premier “è fuggita di nuovo”, insiste e poi attacca: “Oggi è successa una cosa grave, la Lega ha detto che” Meloni “non ha il mandato per votare il piano di riarmo, è stata commissariata e non ha agibilità politica. Nella vostra risoluzione avete fatto sparire la difesa comune e il piano von der Leyen. L’avete scritta con l’inchiostro simpatico. Ci credo che voterete compatti, non avete scritto nulla”.

Anche Giuseppe Conte punge la leader FdI: “Finalmente abbiamo rivisto Meloni in Parlamento, erano mesi che scappava, pensavamo fosse un ologramma sui social”. Poi chiarisce: “Ora viene fuori la polemica creata ad arte su Ventotene, eppure, in passato avete detto che i firmatari avevano idee chiare. Voi sfiorate l’irriconoscenza, Meloni è volata a Bruxelles, non vedeva l’ora. Ma se siede al Consiglio europeo è grazie a Spinelli, Rossi… Tutta l’Europa riconosce che quello è stato il progetto fondativo dell’Europa libera e democratica che abbiamo”.

Le votazioni

Dopo le polemiche è il tempo dei voti. La maggioranza si ricompatta e approva la sua risoluzione, mentre i testi delle opposizioni vengono respinti. M5S a Avs votano insieme, così come fanno Azione, Iv e Più Europa. Il Pd si astiene sulle mozioni presentate dalle altre opposizioni. I dem, però, votano contro sui punti dei dispositivi M5S e Avs che prevedono lo stop all’invio di armi in Ucraina e a favore di quelli sul passaggio contro l’espulsione dei palestinesi da Gaza e Cisgiordania.

Non mancano, però, piccoli distinguo. Lorenzo Guerini, in difformità dal gruppo, dice sì anche alla risoluzione di Azione; Marianna Madia non vota il testo Pd, anche se poi fa correggere il suo voto in favorevole mettendo a verbale “l’errore”; Lia Quartapelle è assente, per “un’iniziativa a Milano di cui aveva avvisato”.

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