Il progetto si basa su un'idea brevettata nel 2013 da Sapienza, Infn e Centro Fermi Museo della Scienza
A compiere un nuovo passo avanti verso una chirurgia di precisione sempre più sofisticata e ottimizzata sul paziente potrebbe contribuire una sperimentazione su pazienti avviata nelle scorse settimane per validare una tecnica di chirurgia radioguidata con farmaci che emettono radiazione beta. La nuova tecnica, sviluppata dalla Sapienza Università di Roma e dall’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare), è frutto della collaborazione interdisciplinare tra fisici, chimici, radio-farmacisti, medici nucleari e chirurghi, e potrebbe diventare uno strumento aggiuntivo a supporto del chirurgo oncologico durante la rimozione dei tumori.
La chirurgia radioguidata è una tecnica che permette di identificare in tempo reale i residui tumorali. La tecnica consiste nel rivelare, grazie ad una sonda, la radiazione emessa da una sostanza radioattiva, un radiofarmaco contenente una specifica molecola che viene riconosciuta e metabolizzata dai recettori delle cellule tumorali. In questo modo è possibile verificare direttamente durante l’operazione se i tessuti analizzati siano tumorali o meno, e quindi guidare il chirurgo sulle sedi da rimuovere. Il progetto si basa su un’idea iniziale, brevettata nel 2013 da Sapienza, Infn e Centro Fermi Museo della Scienza, che prevedeva l’utilizzo di radiazione beta: un tipo di radiazione poco penetrante composta da elettroni, che però pone problemi di natura applicativa a causa della limitata disponibilità di radiofarmaci con questo tipo di emissione.
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