Giochi o storie interattive, durante un trattamento o una procedura invasiva, riducono la sensazione di dolore e ansia
‘Somministrare’ a un bambino la realtà virtuale sotto forma di giochi o storie interattive, durante un trattamento o una procedura invasiva, contribuisce a ridurre la sensazione di dolore e la reazione d’ansia che li accompagnano. È quanto stanno osservando i pediatri del pronto soccorso pediatrico del Policlinico Gemelli: facendo indossare ai piccoli pazienti un visore da realtà virtuale, si riescono a rimuovere schegge da una manina imprudente o a mettere dei punti senza che il bambino avverta dolore o si stressi oltre misura (e con lui, i genitori), urlando a pieni polmoni.
“L’ansia dei bambini, in pronto soccorso – spiega il dottor David Korn, Dirigente Medico di I livello, pronto soccorso pediatrico e Responsabile dei Progetti di Digital Health per la Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – può essere causata da molti fattori, tra cui il dolore e la paura per la procedura, e spesso si manifesta con pianto, aggressività o il rifiuto a eseguire visite e procedure diagnostiche o terapeutiche necessarie. Questi comportamenti possono essere difficili da gestire, sia per i genitori, che per il personale sanitario. Il personale medico e infermieristico è abituato ad affrontare tali situazioni; ma oggi, attraverso l’utilizzo di tecniche innovative come la realtà virtuale, è possibile ridurre per il tempo necessario, attraverso il gioco, lo stress e l’ansia dei piccoli pazienti”. ‘Distrarre’ il bambino da quello che il medico sta facendo, immergendolo nella realtà virtuale di un gioco o del suo cartone preferito o di un video-gioco, aiuta a contenere la sua ansia e ad alzare la soglia del dolore.
“Abbiamo osservato – prosegue il dottor Korn – che i bambini durante una procedura (per esempio rimozione di un corpo estraneo, punti di sutura, prelievo venoso e arterioso), non ritraggono la mano per il dolore; non è dunque necessario tenerli bloccati, perché con il visore indosso, sono del tutto distratti e tranquilli; i genitori si tranquillizzano a loro volta e contribuiscono a non alimentare un clima di ansia. E i vantaggi si estendono anche a medici e infermieri, perché un ambiente tranquillo riduce di molto il loro burnout”.
“Nel nostro Pronto Soccorso Pediatrico – ricorda il professor Antonio Chiaretti, Direttore del Pronto Soccorso Pediatrico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, docente di Pediatria Università Cattolica, campus di Roma – stiamo utilizzando, in collaborazione con il dottor Cyril Sahyoun (Urgences Pediatriques – Hôpitaux Universitaires de Genève, HUG), la realtà virtuale completamente immersiva, grazie a un visore donato dalla Onlus Lollo 10, che opera attivamente all’interno del nostro Policlinico. In pratica, al momento dell’esecuzione di una procedura dolorosa, facciamo indossare al bambino un visore in grado di creare un’esperienza immersiva e interattiva, creando ambienti e situazioni rassicuranti, che lo distraggono dall’ambiente che lo circonda. Tale sperimentazione ci permette di eseguire tutta una serie di procedure dolorose (suture di ferite, riduzione di fratture, rimozione di corpi estranei o prelievi) e invasive (esami radiografici e specialistici) nei bambini che accedono al nostro pronto soccorso, senza ricorrere all’uso di farmaci o sedativi per tranquillizzarli. Ovviamente, tale metodica offre molteplici vantaggi, sia in termini di stress parentale e personale, che in termini di risparmio di tempo e di risorse, abbattendo in maniera significativa i tempi di permanenza e di esecuzione di tali procedure nel nostro PS. I primi risultati – conclude il professor Chiaretti – sono davvero sorprendenti, perché i bambini, quando iniziano a giocare e a interagire con il visore, si estraniano completamente dal mondo esterno; questo permette loro anche di rimuovere l’esperienza traumatica legata alla permanenza in PS e agli operatori sanitari di lavorare senza alcun tipo di stress”.
‘Distrarre’ i piccoli pazienti è una parola chiave, ben nota da sempre ai pediatri che, tra tutti i medici, si distinguono per il camice pieno di spillette colorate e di penne sormontate da buffi pupazzetti che spuntano dal taschino. E dunque, il visore per un’esperienza immersiva da realtà virtuale è solo un’evoluzione di questo concetto. Che, a giudicare dalle prime esperienze, sembra davvero molto efficace.
La realtà virtuale è costituita da un ambiente artificiale che viene sperimentato dal bambino attraverso stimoli sensoriali (come immagini e suoni) forniti da un computer e in cui le proprie azioni e movimenti determinano, in parte, ciò che accade nell’ambiente circostante. Può essere classificata, in base al livello di isolamento dal mondo reale in: non-immersiva (basata, cioè, su computer o tablet), semi-immersiva (quando si utilizzi un grande schermo 3D), e completamente immersiva (nel caso in cui si utilizzi un display montato su un visore che consente interazioni multiple attraverso più canali sensoriali). In tal modo, la realtà virtuale crea ambienti illusori in cui il senso delle azioni è definito dalle contingenze e dagli stimoli neurosensoriali. L’interazione attiva dei pazienti con il mondo virtuale è necessaria per un’immersione completa; questo fa sì che il bambino si distacchi, temporaneamente, dal mondo reale.
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