Lo evidenzia uno studio della Fondazione Gimbe

Il 51,7% dei medici di medicina generale “ha più di 1.500 assistiti, il 30,7% tra 1.001 e 1.500 assistiti, il 10,5% da 501 a 1.000; il 5,6% tra 51 e 500 e l’1,5% meno di 51″. Lo evidenzia Fondazione Gimbe, che ha analizzato dinamiche e criticità normative che regolano l’inserimento dei medici di medicina generale nel Sistema sanitario nazionale, stimando l’entità della loro carenza nelle Regioni italiane. Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ricorda che “i criteri per definire il numero massimo di assistiti per Mmg non hanno mai considerato l’evoluzione demografica degli ultimi 40 anni, né oggi tengono presenti le proiezioni per il prossimo decennio. Il massimale di 1.500 assistiti per Mmg, adeguato nel 1984 rispetto alla distribuzione demografica, è ormai divenuto insostenibile. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche richiedono maggiori bisogni clinico-assistenziali e impongono ai Mmg un carico di lavoro sempre più elevato, con un impatto negativo sulla qualità dell’assistenza. Per ciascun Mmg il rapporto tra carico potenziale e reale di assistiti restituisce un quadro molto eterogeneo: accanto a una quota di Mmg ‘ultra-massimalisti’ che supera il 50%, ci sono medici con un numero molto basso di iscritti”.

 In particolare, il massimale di 1.500 assistiti è superato da oltre la metà dei medici di medicina generale in 10 Regioni: Liguria (50,7%), Friuli Venezia Giulia (52,4%), Piemonte (54,1%), Marche (55,5%), Provincia autonoma di Trento (56,1%), Emilia-Romagna (57,6%), Campania (58,8%), Sardegna (60,6%), Valle d’Aosta (61,1%) e Provincia autonoma di Bolzano (65,1%). La percentuale sale oltre i due terzi in Veneto (68,7%) e sfiora i tre quarti in Lombardia (74%) (figura 3). “Questo livello di sovraccarico – commenta Cartabellotta – riduce il tempo da dedicare ai pazienti, compromettendo la qualità dell’assistenza. Inoltre influisce sulla distribuzione omogenea e capillare sul territorio dei medici di medicina generale in rapporto alla densità abitativa e limita la possibilità per il cittadino di esercitare il diritto della libera scelta”. 

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