Roma, 16 apr. (LaPresse) – Sarà nelle nostre sale da venerdì 20 aprile con una coproduzione italo-francese, l’adattamento cinematografico del romanzo postumo di Albert Camus, ‘Il primo uomo’. Il film di Gianni Amelio, presentato oggi in anteprima stampa a Roma, che sarà distribuito da 01 in 70 copie (‘cifra che potrà crescere con le richieste’, ha detto Cecilia Valmarano di Rai Cinema) e vincitore a Toronto del premio Fipresci, racconta i prodromi dello scoppio della guerra in Algeria e l’inizio degli atti di terrorismo contro i civili inermi. Il testo è stato ritrovato nel 1960 tra i rottami dell’auto in cui Camus morì in un incidente stradale; grazie al lavoro svolto dalla figlia Catherine, il libro ha visto la luce nel 1994. Il film ha un cast di prim’ordine: Maya Sansa, Jacques Gamblin, Denis Podalydes, Catherine Sola, Christophe Dimitri Reveille, Regis Romele.
Il protagonista de ‘Il primo uomo’, Jacques Cormery (Jacques Gamblin) che ritorna nel suo paese d’origine, l’Algeria, per sostenere la possibilità che, nonostante il tramonto politico del colonialismo, francesi e musulmani possano vivere in armonia. Cormery intraprenderà un viaggio della memoria, emozionante e autobiografico, per ricostruire gli anni della propria infanzia, via via sino al luogo di nascita e alle persone che lo hanno conosciuto.
Anche per Gianni Amelio si è trattato di un viaggio della memoria. Nell’infanzia di Camus ad Algeri, come scrive nelle note di regia, ha ritrovato le tracce della sua Calabria nel secondo dopoguerra. ‘A suo padre – spiega – così ostinatamente cercato si è sovrapposta l’immagine di mio padre lontano e sconosciuto’. Il padre del grande scrittore muore in guerra, il suo è emigrato in Argentina. Infatti, ‘i miei film nascono dalla pancia – esordisce il direttore del Torino Film Festival oggi – ma non basta il motivo autobiografico’. Il regista 67enne ammette ancora che ci sono delle coincidenze tra le due vite. ‘L’infanzia povera, l’assenza del padre, la figura della nonna, l’insegnante che permetterà al bambino di studiare alle scuole medie: sono cose che mi hanno dato il coraggio di raccontare’. Infatti i dialoghi sono stati ritagliati dalle vicende della sua esperienza personale. Una tematica, quella del rapporto padre-figlio, che è cara cinematograficamente all’autore, insieme a quella della lotta armata (‘Colpire al cuore’).
‘Penso che ‘Il primo uomo’ – ha spiegato il regista – sia un libro politico nel senso più ampio del termine, cioè urgente e profondo, un libro necessario nel momento in cui è stato scritto, e non solo. E’ l’intervento potente di un grande scrittore sulla tragedia del proprio paese e del proprio tempo, la confessione che sgombra il campo da ogni sospetto di reticenza e di ambiguità rispetto alla guerra di liberazione algerina, di cui Camus ha faticato a liberarsi.’ Gianni Amelio, a Roma per presentare oggi il suo nuovo film ‘Il primo uomo’ (in sala il 20 aprile da 01) , pensa che ‘Camus oggi sia stato capito meglio rispetto agli anni ’60, quando venne considerato di destra’, una figura erroneamente contrapposta a Sartre che proclamava: ‘L’Algeria agli algerini’. ”Il primo uomo’ – annuncia Amelio – uscirà in Francia ad ottobre’.
Sull’attualità delle guerre religiose e sulle integrazioni faticose, ‘non sono state queste a farmi partire – ammette il regista calabrese – sono contro i film che hanno una tesi da sviluppare o che vogliono spiegare, ma credo nei film che emozionano attraverso le piccole storie individuali’. A chi gli chiede quali assonanze vi sono con ‘La battaglia di Algeri’ di Gillo Pontecorvo, Amelio è definitivo: ‘Non c’entra niente’. ‘Quello – argomenta – era un film fatto a caldo, tempestivo, voluto dal governo algerino a scopo celebrativo, che nasce dalla cronaca, quasi un documentario. Io ho fatto un film non sulla guerra di Algeria ma sulla guerra che divide le etnie, non solo nel Maghreb’.”Il primo uomo’ è un film mediterraneo’, ha sostenuto Amelio all’anteprima europea del film al Petruzzelli di Bari lo scorso 30 marzo. ‘Il film – prosegue – racconta un mondo di poveri in cui si possono riconoscere tutti’.
Maya Sansa (nella capitale per le riprese del film di Valeria Golino sull’eutanasia ‘Vi perdono’ con Carlo Cecchi), interpreta nel film di Amelio il ruolo della madre del piccolo Jacques. ‘È stato un grande onore – ha detto oggi – incarnare questo personaggio che è anche quello della mamma del regista’.
è stato girato in Algeria, ad Algeri, Mostaganem, Oran e nelle rispettive regioni, e ha avuto una lavorazione laboriosa di oltre tre anni dovuta alle vicissitudini produttive. Il film è coprodotto da Cattleya, Maison du Cinema, Soudane Compagnie, France 3 Cinema, con Rai Cinema, coproduzione franco-algerina con Laith Media e la partecipazione di Canal Plus, Cine Plus, France Televisions, Ministere Algerien de la Culture. ‘Una grande opportunità – ha spiegato oggi Maya Sansa – per me che vivo a Parigi, fare ‘Il primo uomo’ con Amelio’. Il loro è stato: ‘un incontro bellissimo da cui è partita una grande avventura, sebbene la pellicola sia stata rimandata per due anni’.
Un’avventura, quella del film di Amelio, che verrà raccontata da un libro, ‘Un diario di scena – ha anticipato stamane il regista – scritto dalla madre del piccolo interprete, Nino Jouglet, fatto con i suoi disegni, che uscirà presto’. A compensazione, spiega, della totale mancanza di backstage delle nove settimane di riprese, ‘a causa della mancanza di soldi’. ‘Ci sono state – argomenta – condizioni di partenza molto difficili’, dal punto di vista produttivo. ‘I francesi – aggiunge Sansa – non conoscevano Amelio in un primo momento, ma poi avrebbero fatto qualsiasi cosa per lui’, l’attrice si riferisce all’equipe, ‘qualsiasi altra – commenta – se ne sarebbe andata’.
Il bambino protagonista della storia, Gianni Amelio l’ha trovato per strada. ‘Ho avuto problemi a trovarlo – ammette – ma poi è andato tutto bene’. Dal momento in cui è stata approvata la modalità di ricerca del cast già sperimentata in precedenti occasioni (‘Il ladro di bambini’). Ma intanto rifiuta di essere chiamato ‘regista di bambini’, appellativo che riserva solo a ‘Luigi Comencini, che sosteneva di non dirigere i bambini ma di lasciarli fare’. ‘Ho capito subito che era lui – racconta Amelio sorridente – perché non mi guardava’. Riguardo a futuri progetti del direttore del Torino Film Festival: ‘Girerò un film – ha annunciato Amelio in una recente intervista – che racconta l’Italia di oggi’. ‘Gli ultimi tre film – spiega – li ho fatti in Algeria, in Cina, in Germania. Non giro in Italia dal ’98, da ‘Così ridevano’, il mio Leone d’Oro’ che risalente al 1998.
‘Nessun giornalista francese ne ha parlato e la cosa mi suona strana. Ho il vago sospetto che il film venga visto come un film pro Algeria, che difende l’autonomia algerina’.
Così questa mattina Gianni Amelio in occasione dell’anteprima stampa romana de ‘Il primo uomo’, il film uscirà in sala venerdì 20 aprile da 01, riguardo al dubbio che ‘le ferite in Francia’, dove esce in ottobre, ‘si siano o meno rimarginate a distanza di 50 anni dalla rivoluzione algerina’. Una produzione, quella del film davvero invasiva, visto che ‘la sequenza del discorso alla radio del protagonista Jacques Cormery (Jacques Gamblin) è stata supervisionata più di 100 volte’. Dell’inquadratura fissa che fa da cuore pulsante della narrazione, Amelio ammette: ‘L’ho riscritta il giorno prima perché era importante non far fraintendere il pensiero di Camus’.
Oggi il regista calabrese ha sottolineato quanto la figlia del celebre scrittore gli sia stata vicina, ‘una collaborazione molto stretta’ e una necessità anche dal momento che l’erede di Camus ‘ha firmato – rivela Amelio – un contratto di ferro in cui non avrebbe dato il consenso solo a film finito, ad utilizzare il titolo del libro e qualsiasi riferimento al padre’.
Un rischio che il regista si è preso con orgoglio, ‘invece è andata benissimo: Catherine è rimasta assolutamente incantata dal protagonista’. ‘Mi interessava – ha spiegato Amelio – rendere il personaggio di Camus non convenzionale’, in Francia l’immagine dello scrittore è stata assimilata a quella di un fumatore incallito tombeur de femmes grazie ad una recente fiction. Di qui l’ansia della figlia, ‘concentrata soprattutto dell’aspetto familiare privato del padre’.
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