Londra (Regno Unito), 17 mag. (LaPresse) – Rihanna ha citato in giudizio Topshop per 5 milioni di dollari. La popstar ha intrapreso un’azione legale contro la catena di abbigliamento inglese dopo otto mesi di negoziati infruttuosi su una linea di tshirt che portano la sua immagine e che vengono vendute senza il suo consenso. “Il management di Rihanna ha chiesto diverse volte a Topshop – ha riferito una fonte al New York Post – di smettere di vendere la sua immagine e si è sentito rispondere ‘Facciamo quello che vogliamo’. Comprano le immagini da un foografo, ma non pagano la licenza all’artista. Sfortunatamente la legge britannica non protegge l’artista”. “La cosa più offensiva per Rihanna – ha proseguito l’insider – è che loro hanno fondamentalmente risposto ‘Vai all’inferno, non ci interessa, continueremo a venderti’. Le hanno offerto 5000 dollari e le hanno detto che a loro non importa”.

La cantante 25enne ha assunto lo studio legale internazionale Reed Smith per portare avanti la causa contro la catena di proprietà del miliardario sir Philip Green proprio a Londra, dal momento che i capi vengono venduti solo in Regno Unito dove i diritti dell’immagine sono di properietà del fotografo che ha scattato la foto. Topshop distribuisce anche negli Stati Uniti, a Manhattan e presso la catena Nordstrom, “ma sanno che non è il caso” di vendere quei capi negli usa “perché sanno che avrebbero guai” ha aggiunto la fonte. “Anche se le leggi britanniche non proteggono l’artista, Rihanna ha deciso di andare avanti e citare Topshop. Ha speso quasi un milione nel contenzioso a questo èpunto. Dice che è questione di principio e vuole farne una dichiarazione d’intenti. Stanno avvantaggiandosi a spese degli artisti. È solo sfruttamento. Questto che stanno facendo è sbagliato”.

Il caso ora è nella fase esplorativa e Rihanna ha consegnato i dettagli dei suoi contratti con la casa di moda Armani e con la catena di abbigliamento River Island. Anche se nessun portavoce ufficiale di Topshop ha commentato, una fonte interna ha riferito che “Questo problema è legato a una tshirt fornita da una terza parte. Siamo consapevoli che è oggetto di contenzioso. Ci sono documenti pubblici disponibili alla consulatzione presso la corte di Londra. L’ammontare del risarcimento danni richiesto non è stato articolato in nessun punto del documento del richiedente”.

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