Cannes (Francia), 26 mag. (LaPresse) – Mancano poche ore alla chiusura del 66esimo festival di Cannes e ‘La grande bellezza’ di Paolo Sorrentino sembra essere tra i papabili per i maggiori premi. Secondo i bookmaker non sarà destinata a lui la Palma d’oro di questo festival, che ha visto sfide importanti con gli ultimi Roman Polanski ‘Venere in pelliccia’ e Jim Jarmusch con ‘Only lovers left alive’. In testa nelle quote si piazza ‘The past’ di Ashgar Farhadi e ‘like father like son’ del regista giapponese Kore Eda Hirokazu.

Non è detta però l’ultima parola per l’italiano in gara. Sorrentino ha scaldato la Croisette arrivando al festival con il suo ultimo lavoro dal sapore felliniano della ‘Dolce vita’, che ha conquistato la critica internazionale. Non solo anche tra il pubblico sembrano arrivare consensi debuttando nelle sale il giorno in cui è sbarcato a Cannes. Definito dal Guardian come “un banchetto composto da 78 portate di dolci”.

Il nuovo lavoro del regista napoletano esplora la noia della vita dei benestanti italiani: Signore aristocratiche, arrampicatori sociali, politici, prelati, artisti e intellettuali formano il tessuto di traballanti e inconsistenti relazioni inghiottite in una disperata Babilonia che si agita in palazzi antichi, in immense ville e terrazze, le più belle della città di Roma. Protagonista è Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo, un giornalista e scrittore 65enne, indolente e disincantato, amante del gin tonic, che assiste a questa parata di un’umanità vuota e sconfitta, potente ma depressa. Un’atonia morale vertiginosa. E sullo sfondo Roma, l’estate, bella e indifferente, come una diva morta. Così il film di Sorrentino è stato presentato dal festival di Cannes mentre il Guardian paragona ‘La grande bellezza’ come la grande tristezza: può significare sesso, amore, morte. Tutto affoga il proprio spessore nella mondanità.

In questo film Sorrentino, dopo ‘This must be the place’ con Sean Penn, fa ritorno alle origini della sua cinematografia a elementi conosciuti e chiari. Abbandonate le ambientazioni americane, le atmosfere dark con cupe e indugiate inquadrature, il regista firma il suo nuovo lavoro con elettriche scene sulla capitale a cui alterna sinuosi movimenti di camera sulla città inondata dal sole del mattino e con rettilinei piani sequenza che si chiudono su zoom ravvicinati.

Il punto di riferimento più evidente per il film di Sorrentino è ‘La dolce vita’ di Federico Fellini del 1960 che ritrae una Roma ricca bella e assurda. Sorrentino preferisce evitare il paragone: “‘La dolce vita’ è un capolavoro – ha detto – il mio è solo un film”. ‘La grande bellezza’ è un felliniano esuberante con la sua sfilata di personaggi insoliti e talvolta grotteschi, in una storia d’amore con la citta di Roma.

Servillo sulla comparazione tra ‘La grande bellezza’ e ‘La dolce vita’ di Fellini ha spiegato una sottile differenza: “Ho la sensazione che Fellini guardasse Roma appoggiato tranquillamente a una ringhiera. Paolo invece l’ha guardata scendendo le scale”. ma dal punto di vista del linguaggio “ha fatto riferimento al maestro che l’ha preceduto. Fellini si è nutrito dell’entusiamo che è nato nel dopoguerra. Qui, invece il film si concentra sulle occasioni mancate. Il tono è malinconico.

Sorrentino segue Jep Gambardella, uno scrittore, uomo di mondo scivolato nella mancanza di scopo, dopo il suo primo successo ed è arrivato all’età di 65 anni con un senso di opportunità persa. Il film contrappone festini e baccanali, cene insulse con musiche crescenti ed escursioni in bellissime piazze, chiese e palazzi della capitale italiana. La pellicola è pervasa da un’aria di malinconia e da un senso di vuoto spirituale, che Sorrentino ha spiegato citando un personaggio nel film, madre Teresa. “Lei dice: ‘Non puoi parlare di povertà. Puoi solo vivere la povertà’. E’ come un sunto del film” ha detto il regista. “Non si cerca di raccontare una storia. Si prova semplicemente a ritrarre una povertà che non è materiale, ma è di diverso tipo”.

‘La grande bellezza’ espressa dal titolo è il tipo di vita, ma anche di Roma, una città piena di fascino antico e moderno, di sacro e profano. Lo sceneggiatore Umberto Contarello, tornando sul tema del film, ha aggiunto che “è la storia di una rinascita, il personaggio di Jep Gambardella torna alla scrittura. Questo è il ‘fil rouge’ del film, che è un’ode a la bellezza delle parole”. I media sembrano concordi ed entusiasti, solo alcuni lamentano la lunghezza eccessiva di due ore e mezza della pellicola. Questa rappresenta la quinta volta che Sorrentino si presenta al festival del cinema di Cannes come scrittore e regista di un film in concorso. Nel 2008 si è aggiudicato il secondo posto del premio della giuria di Cannes con ‘Il divo’.

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