Di Ilaria Liberatore

Milano, 26 feb. (LaPresse) – I Kutso, che si pronunci con la U o con la A, sono una delle rivelazioni del 65esimo festival di Sanremo. La loro musica irriverente, provocatoria, le loro performance fuori dai canoni classici del festival della città dei fiori, il loro stile che si rifà al teatro canzone italiano e lo contamina con il punk, il rock e lo swing, hanno portato una ventata di originalità al Teatro Ariston e hanno fatto sì che il loro brano, ‘Elisa’, si aggiudicasse il secondo premio della categoria ‘Giovani’. “In realtà non pensavamo neanche di riuscire a superare la prima serata”, confessa a LaPresse Matteo Gabbianelli, frontman del gruppo, intervistato insieme a Donatello Giorgi (chitarra e voce tenorile), Luca Amendola (basso) e Simone Bravi (batteria), nella sede milanese della Universal, l’etichetta che ha promosso il loro ultimo album ‘Musica per persone sensibili’, uscito il 12 febbraio nei negozi e prodotto con Alex Britti.

“Non pensavamo di arrivare alla fine perché eravamo consapevoli di portare avanti un progetto diverso, di essere come degli alieni – continua Matteo – Ovviamente, una volta superata la prima serata, abbiamo cominciato a sperare nella vittoria. A nostro favore hanno giovato anche gli abbinamenti con gli altri artisti: ad esempio Kaligola è bravissimo, ma giovane e con un’esperienza di palco minore della nostra; anche Amara è completamente diversa da noi, ed è chiaro che uno che arriva sul palco con una doccia e la faccia di Carlo Conti ha già vinto”.

L’irriverenza ha sicuramente giocato a favore dei Kutso, che non hanno vissuto il timore reverenziale verso l”istituzione’ del Festival: “Noi abbiamo questo carattere un po’ sovversivo da guastafeste, in ogni cosa che facciamo, anche in un contesto ufficiale come quello di Sanremo – prosegue il frontman – Tutti quanti ci chiedevano quanto fossimo emozionati, ma noi ci sentivamo semplicemente individui che, insieme ad altre persone, facevano il loro lavoro, e con questa consapevolezza ci siamo fatti scivolare addosso tutto lo sfarzo e l’ufficialità. Ci piace avere questa sorta di arroganza, se vogliamo chiamarla così, ostentata come a dire ‘Vabbè, siamo a Sanremo, ma tanto è uguale'”.

L’irriverenza dei Kutso si vede anche dalla copertina di ‘Musica per persone sensibili’, piena di colori saturati. “Tutti questi colori vogliono indicare la natura variegata della nostra musica, che è fatta di tanti suoni, colpi di scena e spunti colorati, pieni. Sono segni di una vita disperata, che però c’è. Una ‘disperata vitalità’, come direbbe Pasolini – spiegano i Kutso – Il titolo, invece, vuole essere un tentativo di emanciparci dall’etichetta, che ci è stata affibbiata erroneamente, di ‘musica demenziale’. Il nostro genere si chiama ‘musica che ci pare’, perché facciamo ciò che vogliamo. Volevamo quindi invitare ad ascoltare il disco in un modo diverso, a far capire che, oltre ai fuochi d’artificio, c’è anche un’urgenza espressiva. La nostra musica si basa tutta sul contrasto tra note maggiori, solari, che esprimono gioia di vivere, che contrastano con testi mortiferi, scuri, nichilisti. Per noi la musica è la redenzione di questa negatività interiore, che quando devi scriver ti porti sempre dentro, perché c’è sempre qualcosa che non va”.

Non c’è solo Pasolini, nei riferimenti dei Kutso: “Prendiamo spunto da tutto ciò che possa avere creatività, ma anche sovversione, anarchia, anticonformismo – afferma Matteo -Totò, ad esempio. Nell’ambito musicale italiano ammiriamo Rino Gaetano, per il non sense, la decostruzione della parola; Giorgio Gaber, per il suo cinismo lucido; Mogol e Battisti, per la sensibilità. I punti di riferimento stranieri sono Michael Jackson, che ogni tanto mi piace anche scimmiottare, che in comune con noi ha la musica molto ritmata e l’attenzione all’aspetto performativo; e poi James Brown, per il dialogo costante tra cantante e musicisti; e ancora Iggy Pop, tutto il punk, i Beatles, i Nirvana.

A Sanremo I Kutso sono arrivati anche grazie ad Alex Britti che per i quattro musicisti “è come un fratello maggiore. Ci conosciamo dal 2006 – rivela Matteo – Ci siamo risentiti in occasione di ‘Musica per persone sensibili’, perché volevamo che ci facesse un assolo ‘tamarrissimo’ per il nostro brano ‘Spray nasale’. E’ stato in quella occasione che a lui è venuta l’idea di farci partecipare al festival. Noi non ci pensavamo proprio, perché ci sentiamo parte del panorama indie che non ha molto a che fare con Sanremo. Però abbiamo accettato la sfida e abbiamo preso questo brano, ‘Elisa’, con cui avevamo lavorato insieme ad Alex in passato, anche se aveva tutta un’altra veste, addirittura dance. Alex è stato importante perché con la sua convinzione ci ha spinto a provarci, perché sapeva che al Festival cercavano un elemento eclettico. E, effettivamente, non c’era nessuno come noi”.

Dei pesci fuor d’acqua, praticamente, a cui è stato persino storpiato il nome, perché Kutso, pronunciato con la A, era forse troppo per il pubblico del Festival della canzone italiana. “Ma tanto l’hanno capito tutti come si pronuncia – spiegano – In fondo per noi si tratta solo di un nome e non è che avesse tutta questa importanza. C’è sempre chi ci chiama in un modo o nell’altro, a volte ci sbagliamo anche noi”. “Quando siamo a riposo lo pronunciamo con la U, quando siamo in attacco preferiamo la A”, dice Matteo. “Siamo contenti, in ogni caso, perché abbiamo potuto portare il nostro concerto così com’è a Sanremo, nessuno ci ha fatto pressioni – dicono – Del resto, se non fosse stato così, non avremmo partecipato, perché non sarebbe servito a nulla. Noi siamo andati all’Ariston per promuovere i Kutso, con la A”. “Non abbiamo avuto pressioni di alcun tipo e ci siamo anche stupiti di aver trovato un ambiente assolutamente rilassato e favorevole a noi – aggiunge Matteo – Tutti i tecnici e tutta l’orchestra ci adoravano, perché quando suonavamo noi si divertivano anche loro. Siamo stati come una ventata d’aria fresca, avevamo questo ruolo e l’abbiamo assunto volentieri”.

Dopo Sanremo i Kutso non si sentono ancora ‘famosi’ ma, spiegano, “stiamo vivendo una crescita fisiologica, diciamo che abbiamo fatto 4-5 passi in avanti insieme”. E aggiunge Matteo: “non siamo ancora entrati nel ‘mainstream’. Sicuramente, dopo il risultato del Festival, abbiamo più popolarità, ma non ci sentiamo ancora usciti dal settore underground e la gente per strada non ci riconosce mica. Abbiamo notato subito, però, un rispetto maggiore da parte degli addetti ai lavori, nel nostro ambiente. E poi, indubbiamente, ora i nostri cachet sono quintuplicati, abbiamo più facilità a chiudere le date dei concerti, ora ci sono un booking, una struttura, un team dietro di noi, siamo in una casa discografica come la Universal. Anche sui social, sul nostro profilo Facebook abbiamo avuto subito 8mila like in più. Insomma, c’è molta più attenzione: questa è la fase in cui Gigi Marzullo ti chiama per andare nel suo programma. Solo dal 12 marzo, quando inizierà il nostro nuovo tour, potremo capire veramente in che direzione stiamo andando”.

Il loro ‘Perpetuo tour’ partirà da Torino, il 12 marzo, proseguendo il 13 marzo a Milano, alla Salumeria della musica per finire il 24 aprile a Bergamo. “Ci sono date per tutto marzo e aprile già chiuse – continuano – poi per l’estate vedremo”. Tutte le date si trovano sul sito www.kutso.com.

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