"Per me la vera sorpresa sono stati Neffa e Francesca Michielin" racconta l'amatissimo direttore d'orchestra

Senza volerlo, è stato protagonista di un vero giallo. Il direttore d'orchestra Giuseppe Vessicchio non è salito sul palco dell'Ariston durante la prima sera del Festival di Sanremo, del quale costituisce una delle 'pietre miliari'. Sui social, per questo motivo, si è scatenata un'enorme campagna di ricerca del grande musicista, al suono di hasthag sulla falsariga di #UsciteVessicchio, #IlcasoVessicchio, #AridateceVessicchio. Per fortuna, i suoi fan sono stati rassicurati in tarda serata da Carlo Conti, che ha annunciato che il Maestro napoletano, il giorno seguente, avrebbe diretto alcuni dei Big in gara, cosa poi avvenuta. Questa affettuosa 'caccia all'uomo' ha stupito lo stesso compositore, che si è sentito onorato di tanta attenzione da parte del pubblico. In vacanza sul Monte Bianco per qualche giorno, per rifarsi delle fatiche del Festival, l'amatissimo direttore d'orchestra ha fatto con LaPresse un bilancio del 'suo' Sanremo, raccontando alcune sue passioni che in pochi conoscono.

Maestro, che cosa le ha lasciato questo Festival di Sanremo che si è appena concluso?
Personalmente ho apprezzato molto l'incontro con artisti nuovi. Avevo già accompagnato Elio e le storie tese, Valerio Scanu e Patty Pravo: per me la vera sorpresa sono stati Neffa (al secolo Giovanni Pellino, ndr) e Francesca Michielin, che ho molto apprezzato. Alcune cose per me hanno rappresentato uno 'strappo', sia il grande plauso di tributo personale, che l'esclusione di Neffa: sono cose che vanno riarmonizzate. Francesco Pugliese diceva che quando vinci devi farti perdonare e devi anche perdonare, perché la posizione tende a disarmonizzare. E lo stesso accade a chi viene escluso.

Che cosa ha pensato quando Neffa, che lei sembra apprezzare molto, è stato eliminato?
Il primo pensiero è stato come rientrare nel tessuto e affiancarmi a Giovanni, perché lui non viva l'esclusione nella maniera sbagliata. Sono un suo grande estimatore e avverto la sincerità nella sua espressione musicale ed artistica, anche quando ha chiesto lui stesso di andare a casa. Sul palco, dopo che ha cantato, mi ha salutato dicendo 'Io me ne vado', ne era convinto. Di lui mi piace il fatto che tutto ciò che fa, lo fa con assoluta autoironia. Mi sento di stargli vicino. Ieri mi ha chiamato mentre ero sul Monte Bianco e mi ha detto che, al mio ritorno, avrebbe voluto parlarmi di lavoro. Io gli ho risposto di aver già accettato la sua proposta, anche senza conoscerla.

Ora che il Festival è terminato, può dirci quale canzone le è piaciuta di più?
Soprattutto al Festival di Sanremo non è possibile scindere le canzoni dai loro interpreti: il valore in assoluto lo conosceremo tra un po' di tempo. Negli ultimi 15 anni c'è rimasto molto poco delle canzoni che abbiamo sentito a Sanremo, forse 'Luce', il brano di Elisa del 2001: quella è l'ultima canzone che ci sia davvero rimasta. Delle altre non è restato nulla, se non un collegamento tra brano e interprete. Dobbiamo osservarlo come prodotto e non più come sola canzone: se scardini un brano dal suo interprete, perde di potenza. Non mi sembra che ci sia un qualcosa che possa definirsi una canzone 'che resta', anche se spero di sbagliarmi. Intanto, le canzoni che abbiamo ascoltato al Festival sono ancora come il vino nella botte e quindi è prematuro sbilanciarmi, ma non ho sentito una completezza. Però alcuni abbinamenti hanno creato qualcosa di speciale: il brano degli Stadio è sicuramente una canzone compiuta, che vive molto della forza di Gaetano (Curreri, il leader della band che ha vinto il Festival, ndr), che ricorda Vasco, perché ha scritto tante canzoni per lui.

Quali brani vivono al di là del loro interprete, per esempio?
Negli Anni '90 abbiamo avuto brani che avevano lacapacità di camminare da soli, al di là dell'interprete: per esempio, 'Con te partirò' e 'La solitudine'. Solo col tempo scopriremo se c'è qualcosa che ha anche un suo valore autonomo, ma è chiaro che, per esempio, è difficile scindere la canzone di Patty Pravo da lei'.

Diversi artisti si sono esibiti con nastri arcobaleno a sostegno delle unioni civili. Anche il papillon variopinto che ha sfoggiato lei al Festival l'ha indossato per lo stesso motivo?
Il papillon non era voluto, talvolta lo uso. Se una cosa non mi è chiesta, io non la ostento. Però, se mi l'avessero chiesto di indossarlo, io l'avrei indossato. Sono d'accordo con questo reclamo del diritto morale, ma di fatto chi mi conosce sa che non l'avrei fatto autonomamente. L'ho comunque trovata una coincidenza positiva, altrimenti nelle serate successive l'avrei tolto.

Si aspettava tutto questo clamore mediatico che si è scaturito intorno a lei? Quando i suoi fan non l'hanno vista dirigere la prima sera del Festival hanno creato diversi hashtag sui social network richiedendo la sua presenza.

Assolutamente non mi aspettavo questo clamore. La cosa è stata una sorpresa molto gradevole. Questo perché sappiamo che stiamo vivendo un momento storico e culturale dove il presenzialismo è conteso e tutti, anche senza alcuna competenza, vogliono essere presenti. I tatuaggi sono mostrati quasi come un elemento di riconoscibilità in un momento nel quale essere riconoscibili è un ambito di vantaggio. Il mio brillare dell'assenza è controtendenza ma è anche una speranza. Su questo è il caso di riflettere: quello che è accaduto mi induce a mantenere quella coerenza alla quale ho fatto appello da un po' di anni, ovvero di fare ciò che sento anche se c'è qualcuno che mi chiede di fare altro, che mi possa portare vantaggi materiali.

Ora che il Festival è terminato, che progetti ha?
Da aprile fino ai primi di luglio passerò i miei fine settimana in diverse città italiane con il mio gruppo, I solisti del sesto armonico. Con alcuni amici artisti ci esibiremo in combinazione con un'iniziativa di una grande azienda di distribuzione alimentare. La cosa che ci attira di più di questo progetto sono gli incontri che la domenica mattina riserviamo a chi non riuscirà a raggiungerci nei teatri o nelle piazze: infatti, in quelle mattine andremo negli ospedali e nei centri per anziani. L'abbiamo già fatto l'anno scorso, lo facciamo per loro e anche per noi, è un momento molto bello di comunione. Incontreremo anche il pubblico nelle piazze o nei teatri, ma l'obiettivo principale è l'incontro della domenica.

Lei è un volto noto della televisione e della musica, ma del suo privato si sa pochissimo. Ci sveli qualcosa sulla sua famiglia e qualche sua passione.
Io ho tante passioni. Mi sono accorto che la vita reale è una sola, mentre quelle virtuali possono essere anche tante, per questo consulto la rete lo stretto necessario, solo perché mi porti dove non posso andare, ma il mio tempo lo spendo laddove 'sono'. Cerco quindi di stare a contatto con la mia famiglia il più possibile, perché il lavoro spesso mi costringe a partire. Ho una figlia e una nipote, che ha 19 anni. Lei vive le mie esperienze, io cerco di farla partecipe di tutto quello che faccio, infatti era a Sanremo con me perché è appassionata di musica. Mia figlia per motivi di lavoro non è potuta venire a Sanremo e anche mia moglie è rimasta a casa. Nel tempo libero mi occupo di coltivazione con la musica a Copertino, in Puglia: abbiamo fatto alcune esperienze con coltivatori di pomodori e di zucchine, che grazie alla musica crescono più vigorosi e più velocemente.

Siamo riusciti a evitare sostegni di altra natura alla crescita delle piante, infatti grazie alle melodie ci siamo risparmiati tanti altri trattamenti, mentre in Piemonte cominceremo una nuova avventura con il vino. La speranza è che la musica possa avere, oltre a un piacere culturale legato al genere e alla storia, anche un valore empatico che va oltre una mera analisi cognitiva, un valore benefico.

Ci racconti una sua passione che non ha nulla a che vedere con le sette note.

Mi piace molto cucinare, il mio piatto forte è la pasta in generale e in particolare i paccheri dell'arrangiatore: li ho chiamati così perché uno dei miei lavori più frequenti è comporre arrangiamenti per melodie scritte da altri (tra questi, Roberto Vecchioni, Andrea Bocelli, Zucchero, Ornella Vanoni e molti altri, ndr). Per me la pasta bruciacchiata può essere un piatto gustoso: rifacendomi agli spaghetti all'assassino, mi sono inventato un nuovo modo di cottura della pasta, che viene bruciacchiata, e che la rende gustosissima. Qualcuno dirà che la parte bruciata è cancerogena, ma io non ho timori: la mangio tranquillamente perché per me il suo sapore è rinfrancante.

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