Per Ermal Meta il Festival di Sanremo è un luogo fortunato. Nel 2018, l’ultima esibizione sul palco dell’Ariston, la partecipazione con Fabrizio Moro e ‘Vietato morire’ gli fruttò la vittoria. Ora, nel 2021, il cantautore torna con ‘Un milione di cose da dirti’. Per la prima volta parteciperà alla kermesse con una ballad, una “canzone d’amore verticale, essenziale”, la definisce. Senza, però, velleità di conquistare nuovamente il primo posto: “Non mi aspetto di andare lì e fare di nuovo una ‘scorpacciata’. Ho uno spirito diverso. La vittoria non mi interessa. Vado lì perché in questo momento è l’unico palco su cui si può salire. A me interessa fare musica dal vivo. Ho voglia di arrivare e fare ascoltare la mia canzone”. Che è un po’ lo spirito con il quale ha composto tutto il nuovo album, ‘Tribù urbana’, in uscita il 12 marzo. “Ho una voglia immensa di suonarlo dal vivo – spiega -. Di solito scrivo i brani pensando di stare sul palco, ora invece mi sono messo in platea facendo finta di essere dalla parte del pubblico”.
Fra le tracce di ‘Tribù urbana’ c’è anche ‘Gli invisibili’, scritta dopo un incontro con un senzatetto negli Stati Uniti: “Tutti noi almeno una volta siamo stati invisibili. Ma sentirmi invisibile a me ha spinto a mettermi in proprio. Per esempio quando ho iniziato a fare l’autore per altri, loro parlavano dei miei brani ma non sapevano come una canzone era nata. Questo mi faceva soffrire e mi ha fatto sentire a lungo invisibile, finché a un certo punto ho detto: ‘Basta, voglio cantare le mie canzoni'”. Nell’album pure la storia di ‘Nina e Sara’, che prende spunto da una vicenda personale: “A 16 anni avevo una fidanzatina. Era un’anima in pena e non capivo cosa avesse. Poi ci siamo lasciati e dopo 2 o 3 anni l’ho ritrovata felice, fidanzata con una ragazza. Prima per lei il tabù era talmente forte, la società non le aveva dato gli strumenti. Si dovrebbe fare di più dal punto di vista dell’educazione. C’è una strada molto lunga da percorrere da questo punto di vista. Mandiamo oggetti su un altro pianeta, ma per quanto riguarda ciò che conta la libertà individuale siamo nel medioevo”.
Tornando al Festival, invece, il cantautore albanese racconta che, nonostante il periodo complicato, non crede sia necessario lasciare un messaggio: “Ci vado con un proposito squisitamente musicale. Non ho un milione di cose da dire, l’unica cosa che mi interessa è che chi mi ascolta possa emozionarsi con me, perché io sarò emozionato”. Anche se la platea sarà vuota: “Cantare davanti a un teatro vuoto è un po’ strano. Ma il ruolo più difficile non è quello dei cantanti, ma dei conduttori che dovranno parlare davanti a delle sedie vuote per ore. Noi dopo tre minuti e mezzo ce ne andiamo. Quindi la mia solidarietà va a Amadeus e Fiorello”.