Lorenzo Vanni nasce a Roma, figlio e nipote di una stimata e storica famiglia a Roma, imprenditori della ristorazione. Eclettico, creativo, simpatico, ironico e profondamente colto. La sua capacità di giocare con il significato profondo della parola ha dato vita a “Il Sano De-Mente”, un libro curioso e allo stesso tempo intenso. Barbara Fabbroni lo ha intervistato per LaPresse.it
Come nasce l’idea di scrivere un libro dal titolo “Il Sano De-Mente”?
“Non pensavo di scrivere un libro. Ho sempre preso appunti, fermato dei ricordi, scritto delle riflessioni che mi incuriosivano. Un divertimento linguistico. Così ho messo tutto insieme, ho mandato il progetto alla casa editrice Albatros che mi ha risposto entusiasta e il libro è nato!”.
Un libro molto particolare?
“Va letto con la dovuta testa. Il consiglio è di aprirlo ogni giorno leggendo ciò che in quel momento vi ispira”.
Il libro ha avuto eccellenti compagni di viaggio…
“Una volta ricevuta la proposta di pubblicazione ho chiamato gli amici Enzo Garinei (mi ha prestato la sua mitica voce), Fabrizio Biggio (mi ha scritto la prefazione) e Makkox (mi ha curato la vignetta della copertina con il suo disegno) che hanno accolto con entusiasmo il progetto”.
Con i social e la messaggistica quanto è cambiata la modalità di scrivere?
“Hanno sconvolto tutto. Se vogliamo il mio libro è anche un richiamo a questo cambiamento radicale. Nel libro c’è un richiamo alla consapevolezza della lingua, della punteggiatura, dei trattini, dei punti di sospensione. Ovvero comprendere come il nostro linguaggio oggi sia mortificato da questa modalità contratta di comunicare. Unita a emoticon che dovrebbero esprimere emozioni e stati d’animo e invece fanno perdere il contatto con la nostra appartenenza linguistica. Il linguaggio, oggi, è completamente storpiato da una comunicazione lasciata al caso. Siamo di fronte a una non lingua dove il ricevente dà la sua interpretazione libera dal contenuto che il mittente vuol inviare”.
Evoluzione o involuzione del linguaggio?
“Questo tipo di comunicazione porterà sicuramente a dei cambiamenti epocali. Pensa solo a quanto altre lingue si sono insinuate nel nostro linguaggio. Oggi si tende a fondere l’inglese con l’italiano”.
Torniamo ai social e alla messaggistica. I giovani sembrano aver costruito una nuova lingua?
“Purtroppo i giovani sono attratti dalla Rete e dai social. Il loro mondo è lì, non hanno la curiosità di accedere al mondo della lettura. Non leggono più, non si lasciano trasportare dalla letteratura. Non leggere è la cosa peggiore di tutte”.
Perché?
“Non avere il gusto e il piacere della lettura diventa non saper scrivere. Oggi i ragazzi non sanno più tenere la penna in mano. Sono abituati troppo alle tastiere, hanno perso il contatto con la genuinità della parola, della scrittura. Spesso porto mia figlia in libreria affinché possa cogliere il vero significato di un testo scritto, di un lavoro così profondo che lo scrittore svolge quando crea un’opera letteraria. Anche solo l’odore dei libri offre uno stimolo e un’emozione che la rete o i social non possono dare come esperienza vissuta.
Dentro un libro c’è la vita?
“Emana qualcosa di unico. Ogni libro, ogni testo ha una storia diversa, il lettore può immergersi all’interno di quelle parole diventando parte integrante della narrazione. Oggi si parla tanto di crescita, ma è una crescita ottusa”.
Perché?
“Tutti parlano della crescita economica, ma nessuno parla della vera crescita necessaria: quella culturale”.
Nel 2021 sono 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. La cultura e la lingua sono molto cambiate?
“La gente ha perso la capacità di leggere e con essa quella di parlare attraverso una lingua e una costruzione narrativa che sia significativa. Lo stesso vale per la scrittura. Ci sono pure i messaggi audio, così neanche si deve scrivere. Tutto porta a una contrazione dell’attività cerebrale, del conoscere e del sapere. Tutti sono incanalati in un mondo di ignoranti così da essere tutti più gestibili”.
La parola è anche il contenitore di un’esperienza storica. Oggi non c’è più?
“Non c’è più perché oggi la comunicazione è per così dire gestita dai social, dai giornali, dalla televisione con una modalità che ti porta a spegnere la tua capacità intellettiva per poterti omologare. Basta guardare i ragazzini su TikTok, capisci che c’è una modalità di stare ed entrare in relazione che non ha nulla a che fare con la cultura. Il problema è che tutto questo gli resta appiccicato ed è difficile da togliere”.
L’essere umano senza parola, senza cultura, senza confronto non è nulla?
“È più facile controllare un gregge di pecore che confrontarsi con una fauna variegata, con la propria cultura, appartenenza e intelligenza vivace”.
Ci sarà un cambiamento in positivo?
“Ai posteri l’ardua sentenza! Si va sicuramente verso un nuovo linguaggio, non certamente armonico, ma contratto. Se sei contratto però non scorri fluido. La lingua finirà per essere uccisa, storpiata. Così si perderà il suo significato, la sua eticità, la bellezza che è contenuta dentro la parola. Mi auguro ci sia un nuovo ‘Rinascimento linguistico‘ che riporti al significato profondo della parola”.
Prossimamente?
“Riceverò un premio a fine settembre. Sarò premiato dal presidente di Assotutela Michel Emi Maritato come Eccellenza 2020/2021. La cerimonia si svolgerà al Teatro Ghione a Roma alla presenza di molti personaggi dello spettacolo, della scienza e della cultura”.