Due settimane fa, Vasco. Domani Ligabue a Campovolo, e da luglio il Jova Beach Party 2. La musica dal vivo è ripartita, fa rumore, ci sono concerti piccoli e grandi e non mancano i festival. In parte, però, si tratta di un’illusione ottica: tutta l’offerta che si vede è la sovrapposizione di tre anni di convivenza con il Covid. Il potenziale c’è, in ogni caso, come si è visto a Trento.E come dice a LaPresse Vincenzo Spera, presidente di Assomusica, il settore “da un lato sta male, perché arriva da due anni in cui ci sono società che hanno perso il 97% dei fatturati”. Una flessione che “recuperare in un’estate non è facile”. Spera illustra come la situazione sia “più o meno vicina all’anno 2019, dove in qualche modo ci sono quasi 8 milioni di biglietti venduti”. Però sottolinea che “non è l’elemento che può dire come stanno le cose. I biglietti riguardano prevalentemente concerti rinviati nel 2020 e nel 2021”. Per quanto riguarda i concerti nuovi, organizzati quest’anno, “una volta capito che si sarebbe aperto in aprile, è stata messa in campo una serie di tournée nuove, che però non hanno trovato lo stesso impatto – tranne in uno o due casi – del tutto esaurito precedente”. Colpa forse del “sovraffollamento arretrato”, per cui le “cose nuove hanno trovato più difficoltà ad andare esaurite. Non so se sia un fatto provvisorio, o se potrà avere una durata diversa nei prossimi anni”. Spera però cita un esempio in direzione contraria che gli “dà speranza”, quello “unico” dei Rolling Stones, che “hanno deciso la data di Milano due o tre mesi fa. Questo concerto è andato esaurito in breve tempo, pur non essendo partito prima della pandemia”. Che non tutto vada bene lo si evince da un problema fondamentale, “un po’ in Italia ma anche altrove credo: in questi anni si è perso oltre il 30% di maestranze. Specie su quelle tecniche e specializzate, è difficile ricostruire o improvvisare. C’è un po’ di sofferenza nella parte di allestimento, costruzione e realizzazione di un evento”.
Il presidente di Assomusica assicura che “per ora stiamo andando avanti abbastanza bene”, anche se al contempo “si sente forte questa problematica. Serve che il Governo e le associazioni provino a sopperire mettendo in campo delle azioni di professionalizzazione”. C’è poi una concorrenza tra società italiane e straniere, che organizzano eventi in Italia ma gli italiani “pur con gli stessi standard qualitativi, vengono un po’ penalizzati” e anche qui “servono dei correttivi”. Un esempio del potenziale del settore è proprio il concerto di Vasco Rossi, che “ha portato a circa 10 milioni di indotto nella provincia di Trento” Per Spera “si capiscono quali sono i volumi di affari che questo lavoro produce”. In alcune realtà l’indotto è molto forte: è il caso di Roma, Milano e Verona. Per concerti vecchi e nuovi, sono stati venduti “circa 2 milioni di biglietti dal 1° gennaio al 31 dicembre oggi su Roma. Il 77% di queste persone viene da fuori provincia, più di un milione e mezzo. Quest’anno Roma ha superato Milano come maggior affluenza di pubblico. Con una presenza così forte nella Capitale arriveranno dei grossi contributi economici, perché da studi fatti da istituti di ricerca e università, per ogni euro di biglietto ci sono minimo tre euro di moltiplicatore”, osserva Spera. “Su Milano ci attestiamo attorno a un milione e mezzo totale, il 75% viene da fuori provincia. A Verona sono 600mila biglietti circa”.Il presidente di Assomusica si sofferma infine sulla legge “sullo spettacolo dal vivo che forse dovrebbe essere approvata in Parlamento”, che “aspettiamo da più di quarant’anni”. Ricorda che si tratta di un lavoro a volte “ostacolato da gabelle e interpretazioni legislastive che ci rendono la vita molto difficile nonostante non facciamo niente di male. Portiamo gioia, socializzazione e cultura. Sarà una cultura non arcaica, che piaccia o non piaccia”, ma “è la cultura della nostra epoca”.