L'attore è anche tra i protagonisti di 'Piano Piano' di Nicola Prosatore, uscito nelle sale il 16 marzo: "Il futuro? Aprire occhi, cuore, corpo in questo lavoro"

Napoli è la radice, ma posso anticipare che ho in cantiere progetti non ambientati solo lì“. Così a LaPresse l’attore 26enne Massimiliano Caiazzo, conosciuto come Carmine nella fortunata serie tv Rai ‘Mare Fuori‘ e che interpreta Ciro nel film ‘Piano Piano’ di Nicola Prosatore, ambientato alla fine degli Anni Ottanta, uscito nelle sale il 16 marzo e in proiezione oggi al Trianon di Roma e in sala al Cinema Centrale a Milano. “Napoli è il fondo dal quale provengo e nasco, di conseguenza credo che sia giusto in questa prima fase della mia carriera raccontare dei personaggi che nascono lì, esplorando bene la mia radice. Poi posso essere più pronto a raccontare anche altre radici ma sempre passando dalla mia”, dice ancora Caiazzo. Anche la serie Uonderbois, in lavorazione e che uscirà su Disney+, è ambientata tra Napoli e Roma ma Caiazzo assicura: “Nel mio futuro ci sono progetti differenti”. E poi spiega: “Napoli è spesso un palcoscenico per raccontare storie universali, Carmine potrebbe esistere anche altrove”.

Per gli spettatori però è difficile vederlo distante dal personaggio di Carmine in ‘Mare Fuori’: anche a sentirlo parlare, sembra gli sia stato cucito addosso. “Carmine è stato il personaggio nel quale ho messo più di mio, sinceramente, anche rispetto a Ciro di ‘Piano Piano’. Soprattutto nella prima stagione, rispettando naturalmente il volere della regia e della scrittura, che aveva le idee chiare sui messaggi da mandare”. Ciro e Carmine, i due personaggi che interpreta in ‘Piano Piano’ e ‘Mare Fuori’, sembrano stare agli opposti: “Lo si vede nelle ambizioni che si pongono: se Carmine ha l’ambizione di distaccarsi il più possibile da un certo tipo di vita, Ciro ha l’ambizione di fare strada in un certo tipo di vita per diventare qualcuno. Il parallelismo è che sono guidati da un certo tipo di bisogno ma la grossa differenza è che mentre Carmine è guidato dal desiderio di essere protetto e di conseguenza protegge, Ciro è invece stato umiliato e quindi a sua volta opprime, è alla ricerca di un ruolo che lo faccia sentire qualcuno”, spiega.

Massimiliano Caiazzo in 'Mare Fuori', foto di Sabrina Cirillo
Massimiliano Caiazzo in ‘Mare Fuori’, foto di Sabrina Cirillo

Il ruolo di Ciro in ‘Piano Piano’ ha comunque qualcosa di suo: “E’ stato un bel viaggio, io sono un fan degli Anni Ottanta, il 90% del mio armadio è vintage e fatto di pezzi che appartengono a quel periodo – spiega – Ma bisogna ricordare che raccontiamo gli Anni Ottanta in un contesto ben preciso, all’interno di un cortile, che non è un quartiere o un rione, è quasi un castello. Una bolla dalla quale si prova a uscire, e i personaggi non riescono a farlo”. La scintilla che ha fatto nascere il film è infatti lo sgombero coatto di una palazzina per dar luce allo sbocco cittadino sull’Asse Mediano nel 1987.

Massimiliano Caiazzo in 'Piano Piano'
Massimiliano Caiazzo in ‘Piano Piano’

Sullo sfondo, come detto, c’è sempre Napoli: sul set di ‘Mare Fuori’ però non tutti gli attori erano campani e qualcuno ha dovuto imparare le espressioni in napoletano per esigenze di recitazione. “Aiutare e dare una mano al loro lavoro è stato dare una mano al lavoro di tutti, ovviamente questo comprende anche l’aspetto ludico, il gioco tra noi ragazzi – dice Caiazzo -. E’ stato divertente non tanto sentirli all’inizio ma arrivare a sentirli alla fine e dire ‘Wow, guarda questo che non spiccicava una parola e ora ti fa un discorso intero!'”.

Caiazzo ha cominciato a recitare da bambino, “a porte chiuse ma anche aperte, nella mia cameretta”, spiega. “Mi sono avvicinato alla recitazione attraverso l’oratorio della Chiesa del Carmine a Castellammare di Stabia, grazie a questa suora che si chiama Elisabetta. Poi ho iniziato a studiare, studiare”. Un tema, quello del guadagnarsi i successi, che ricorre più volte nelle sue parole: “Tanti parlano del ‘nostro momento’ per gli attori di ‘Mare Fuori’, come se il successo fosse caduto dal cielo. Invece è il risultato di tante cose: è esplosa la terza stagione, non la prima – dice ancora Caiazzo a LaPresse -. Questo perché è stato frutto di un processo. Ci sono tante piccole scelte che portano poi a una scelta fondamentale, non sono fatalista”. Niente “effetto Butterfly”, dice, e vale per tutto: se in ‘Mare Fuori’ il confine tra giusto e sbagliato, buoni e cattivi, è molto labile, Caiazzo sottolinea però che non è casuale e mai frutto di una scelta sola. “Uno può dire a un certo punto sì al fare una rapina, per esempio. Ma prima che ti venga offerto di farla, la rapina, forse hai fatto tante altre piccole cose che hanno portato qualcuno a chiederti ‘la vuoi fare la rapina?’, non so se mi spiego”.

Tra le scelte vincenti per ‘Mare Fuori’, c’è quella di utilizzare anche le piattaforme streaming come RaiPlay e Netflix: “Bisogna capire che si stanno sviluppando, o si sono già sviluppate, altre modalità di fruizione e intrattenimento. Noi spettatori ci siamo abituati a queste nuove modalità”, spiega l’attore. Le modalità più vecchie iniziano a entrare in crisi, dice ancora Caiazzo, sottolineando come l’uso delle piattaforme sia stato “assolutamente importante” per il successo di ‘Mare Fuori’.

Il suo lavoro di attore spera sia “un percorso lungo” ma in questo periodo individua soprattutto in Francesco Di Leva un attore dal quale imparare molto: “E’ capitato spesso di essere sul set insieme, mi ha dato tante dritte nelle attese, mi diceva il suo punto di vista sul nostro lavoro”, spiega Caiazzo. Di Leva, candidato ai David di Donatello con ‘Nostalgia’, è con lui sul set di Uonderbois.

Cosa c’è nel suo futuro di attore? “Vorrei saperlo, te lo giuro”, dice Caiazzo, un po’ ridendo. Poi aggiunge: “No, forse non so se vorrei saperlo davvero. Ora c’è Uonderbois della quale un po’ si è già parlato ma non possiamo dire altro. Ci sono progetti in cantiere. Ma quello che mi auguro è di poter lavorare con registi che possano farmi migliorare, farmi aprire occhi, cuore, il corpo tutto – dice ancora Caiazzo -. Se c’è una cosa bella di questo lavoro è che non ti fa mai smettere di apprendere cose su di te e sul mondo, mi auguro di poter lavorare con registi e sceneggiatori che mi portino a un confronto dal quale crescere”.

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