Al termine dell'inno di Mameli, il grido dal loggione "Viva l'Italia antifascista"
Tredici minuti di applausi per il ‘Don Carlo’ di Giuseppe Verdi alla Prima della Scala di Sant’Ambrogio. Dopo le polemiche della vigilia, sul palco reale ecco la senatrice a vita, Liliana Segre, applauditissima all’ingresso, accanto al presidente del Senato, Ignazio La Russa, e al sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Al termine dell’inno di Mameli, qualcuno dal loggione urla “Viva l’Italia antifascista” e, durante il primo intervallo, il vicepremier leghista, Matteo Salvini, in seconda fila nel palco reale con i ministri Gennaro Sangiuliano (Cultura) e Maria Elisabetta Alberti Casellati (Riforme istituzionali), il governatore lombardo Attilio Fontana e il prefetto della città, Claudio Sgaraglia, confida ai cronisti: “Opera bellissima, poi se uno va a fischiare agli Ambrogini o a sbraitare alla Scala ha un problema, è nel posto sbagliato. Alla Scala si ascolta, non si urla”. Il grido antifascista? “Non l’ho sentito”, commenta quindi La Russa provando a spegnere le polemiche.La Prima, quest’anno senza il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni, è anche come di consueto una sfilata di vip, fra abiti dai colori più o meno vistosi. Ed ecco arrivare le cantanti Ornella Vanoni e Patti Smith, e il regista Pedro Almodovar, giunto in compagnia dell’attore Louis Garrel. Presenti, fra gli altri, anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, e altri big del mondo dell’impresa come Fedele Confalonieri, Paolo Scaroni, Diana Bracco ed Emma Marcegaglia. Quindi, ancora, l’étoile Roberto Bolle, l’archistar Mario Botta, Linus e molti altri.Poco prima dell’inizio, prende la parola sul palco il sovrintendente Dominique Meyer. “L’Unesco – sottolinea – ha inserito ufficialmente il canto lirico italiano nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità, è una notizia bellissima. Grazie a questo riconoscimento l’opera lirica è un bene per tutti nel mondo. Da 400 anni l’opera lirica è un veicolo fantastico per conoscere e amare la lingua e la cultura italiana nel mondo intero. Il ‘Don Carlo’ è una delle più belle opere italiane, è difficile e richiede dei cantanti di grande livello internazionale”.Sul podio il direttore musicale Riccardo Chailly, alla sua decima inaugurazione di stagione, salutato nel primo intervallo da Sangiuliano, Meyer e Sala. In scena Anna Netrebko (Elisabetta di Valois) e Francesco Meli (Don Carlo) che raggiungono le sei inaugurazioni a testa, Luca Salsi (Rodrigo, Marchese di Posa) alla quarta. Al suo primo 7 dicembre nonostante il lungo legame con il Piermarini, invece, Michele Pertusi (Filippo II), con problemi di voce e incoraggiato dal pubblico, ed Elina Garanca (Principessa d’Eboli). E c’è anche Jongmin Park, già allievo dell’Accademia scaligera, nei panni dell’Inquisitore. Il ‘Don Carlo’, capolavoro verdiano, inaugura la stagione del Piermarini per la nona volta, quest’anno con l’edizione italiana in quattro atti che aveva debuttato proprio al Piermarini nel 1884. Verdi propone i temi a lui cari della libertà dei sentimenti, della difficile relazione tra padri e figli e della liberazione dei popoli oppressi sullo sfondo del conflitto tra il potere temporale e quello religioso. Per rendere l’atmosfera sospesa tra ambiente ecclesiastico e secolare, il regista Lluís Pasqual, che ha ricevuto applausi e anche qualche ‘buu’ al termine, e lo scenografo Daniel Bianco hanno fatto riferimento all’uso dell’alabastro nelle finestre degli edifici religiosi e civili. Il colore prevalente è il nero, non inteso come espressione di mortificazione o di lutto ma come esibizione di potere e ricchezza. Nel ‘500, velluti e broccati neri erano tra le stoffe di maggior pregio.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata