Il ministro della Cultura è entusiasta: "Un grande successo. Un'opera portentosa, un'interpretazione portentosa. Tutto meraviglioso"
Oltre 12 minuti di applausi per la Prima della Scala. ‘La forza del destino’ di Giuseppe Verdi convince, la soprano russa nei panni di Donna Leonora, Anna Netrebko (contestata da un presidio pro Ucraina all’esterno nel pomeriggio) strappa applausi a ripetizione ma anche qualche ‘buu’ alla fine, il tenore Brian Jagde (Don Alvaro) è promosso e Ludovic Tézier (Don Carlo di Vargas) riceve anche fiori sul palco. L’amore e la guerra sono i temi dominanti. “Fare ‘buu’ ad Anna Netrebko perché russa è ridicolo“, si sfoga il sovrintendente della Scala, Dominique Meyer, al termine nel backstage. “Non apprezzo che lo spettacolo – prosegue – sia preso in ostaggio così, non c’è una Netrebko in ogni generazione. Se abbiamo fortuna di averla qua in teatro, bisogna essere calorosi e applaudirla”.
Sul palco reale, vista l’assenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, volati a Parigi per la riapertura di Notre-Dame, siedono assieme, per il secondo anno consecutivo, la senatrice a vita, Liliana Segre, e Ignazio La Russa. Al centro, “accanto alla signora Segre, ci sono altre due donne, le nostre due mogli, e noi staremo ai margini una volta tanto. È un bene che gli uomini stiano ai margini”, dice al suo arrivo il presidente del Senato, in compagnia del primo cittadino di Milano, Giuseppe Sala. “Sono contento – aggiunge – che il sindaco abbia accettato la mia proposta”. Sul palco reale prendono posto, tra gli altri, anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, la vicepresidente della Camera, Anna Ascani, e il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Presente anche l’ex presidente del Consiglio, Mario Monti.
Nella scorsa edizione della Prima di sant’Ambrogio l’inizio dell’opera era stato caratterizzato dall’urlo ‘Viva l’Italia antifascista’, quest’anno prima dell’inno di Mameli si leva l’urlo ‘Salvate Sant’Agata’. Il riferimento è alla villa di Verdi a Villanova d’Arda, in provincia di Piacenza, che è stata messa in vendita ed è ora chiusa. Ma la Prima della Scala è anche glamour. Fra gli ospiti vip non mancano alcuni big del mondo delle imprese e della finanza come Fedele Confalonieri, Emma Marcegaglia, Diana Bracco e Antonio Patuelli, presidente di Abi. E poi l’attore Pierfrancesco Favino e il campione di salto in alto Gianmarco Tamberi, i tenori Placido Domingo e José Carreras, le stelle del ballo Roberto Bolle e Nicoletta Manni, il cantante Achille Lauro e personaggi tv come Enzo Miccio e Vittorio Brumotti.
Tornando, quindi, all’opera in scena, per il maestro Riccardo Chailly è il nono titolo verdiano alla Scala, la regia è a cura di Leo Muscato. Opera drammaturgicamente complessa, nata nel 1862 a San Pietroburgo e approdata in versione definitiva alla Scala nel 1869 con la creazione della celebre Sinfonia, ‘La forza del destino’ offre alcune delle più memorabili melodie verdiane. Dal cartellone mancava dalla stagione del centenario verdiano del 2001 quando fu portata al Piermarini dai complessi del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, ma Orchestra e Coro scaligeri non la eseguivano dal 1999.
“Un voto per questa Prima? Do 9, mi è piaciuta la musica, stupenda, le interpretazioni meravigliose e poi la scenografia. Sempre emozionante, io ne ho fatte tante e questa mi è piaciuta più di molte altre. La qualità degli interpreti è stata altissima”, rimarca La Russa al termine. “Un messaggio sulla guerra? Non credo che sia questo il messaggio, credo che Verdi e il librettista hanno voluto dare una speranza. Credo che il finale sia di speranza e di religiosità, quindi non è tanto un inno alla pace o alla guerra, ma alla speranza”, le parole del presidente del Senato, che nell’intervallo ha incontrato il direttore d’orchestra e gli artisti insieme a Sala e a Giuli. Il ministro della Cultura è entusiasta: “Un grande successo. Un’opera portentosa, un’interpretazione portentosa. Tutto meraviglioso”. E Segre dice: “Mi è piaciuta molto”. Per il tenore Placido Domingo, ancora, è un’opera “molto difficile e complessa per tutte le voci, difficilissima ma straordinaria. Il tenore mi piace tanto”. E José Carreras, quindi, analizza: “Il ruolo di Alvaro è molto nobile, molto duro da cantare, dà moltissime soddisfazioni. Questo ragazzo (Brian Jagde, ndr) ha una pressione addosso dovendo sostituire un cantante come Kaufmann, se la cava bene”.
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