Intervistato da Valerio Cappelli sul Corriere della Sera, Sergio Rubini è tranchant sul panorama cinematografico post-Covid. “Non esisterà più come lo conosciamo e dovremo prenderne atto per rifondarlo. Il cinema diventerà di nicchia e passerà di moda come i cd. La gente non ha smesso di ascoltare la musica: è cambiato il supporto. Così sarà per il cinema. Che già languiva prima della pandemia. Certo il film in sala rende di più, ma non ci sono più le sale. Tanti film si stanno producendo e se ne devono smaltire molti: dove si vedranno? Quanto alle serie, sono prodotti sospesi cui manca la chiusura di un senso compiuto, mentre un film ti impone un ragionamento, ti racconta un mondo. Prodotti sospesi, con la pandemia è tutto sospeso”.
Come preservare la nostra identità? La risposta è poco consolatoria. “Le grandi produzioni italiane sono di comproprietà di stranieri. Una proprietà anche economica e culturale. I gruppi italiani crescono e poi se li comprano da fuori. Una tendenza che riguarda non solo il cinema. Sotto traccia, stiamo vendendo tutto e non se ne parla”.
Nell’intervista l’attore e regista parla anche della sua vita privata. È stato per esempio a lungo a in analisi. “L’ho cominciata quando finì il mio matrimonio con Margherita Buy. Intorno ai 40 anni rischiavo di perdermi nella vita da single, forse mi sentivo troppo libero. L’analisi mi ha aiutato a fidarmi degli affetti e mi ha tolto dalla superstizione… Cercavo segni, simboli, avevo lavorato con Fellini, le realtà parallele, il sogno”.
Alla domanda sul perché finì con Margherita Buy, Rubini risponde: “Forse eravamo troppo giovani. Margherita la conobbi mentre recitava a teatro, prima fu un innamoramento artistico. Oggi abbiamo un buonissimo rapporto, non abbiamo problemi quando lavoriamo insieme. È fantastica, è rimasta com’era, pronta a scherzare e improvvisamente a nevrotizzarsi, Poi a ridere e a ricominciare”.
Non poteva mancare il ricordo di Federico Fellini, che lo scelse per ‘Intervista‘, nel 1987. “Gli ricordai che tre anni prima, per ‘E la nave va‘, gli avevo portato una mia foto. Mi rispose sorridendo: ‘Ma non è possibile, allora sono un mago!’. Gli ho dato sempre del lei, lui ogni tanto cercava di venirmi incontro, per sfottermi mi diceva: ‘Chiamami Fefè’. Mi spiace che per la pandemia le celebrazioni del centenario non ci siano state”.
Sempre parlando di Fellini, Rubini dice “Abbiamo perso le nostre guide, che in passato erano sacre. Tra loro c’erano anche visionari come Fellini. Penso alla battaglia contro la tv che si stava mangiando il cinema. In ‘Intervista‘ gli indiani all’assalto di Cinecittà la fanno con le antenne della tv”.