Un linfoma portò via il frontman della band newyorchese che rivoluzionò la musica

Capelli lunghi, jeans strappati, chiodo sopra la t-shirt, andatura dinoccolata e scarpe da tennis. Vent’anni fa si spegneva la voce di Joey Ramone, vate della rivoluzione punk-rock a stelle e strisce, celata dietro un look all’apparenza dimesso e alieno. Disimpegno, l’eterno 4/4 e le graffianti melodie: insieme ai suoi tre “fratellini” Ramones è diventato una delle icone di quella scena newyorkese che a metà/fine anni Settanta mise il punk sulla mappa del rock, insieme alla loro controparte inglese. A uccidere lo storico frontman, il 15 aprile 2001, un linfoma, contro il quale il cantante dovette combattere a lungo, perdendo, infine, la sua battaglia poco prima di compiere 50 anni.

Meno politicizzati e situazionisti di Clash e Sex Pistols, i Ramones furono i veri inventori del punk-rock, insieme solidi innovatori della East Cost americana come i New York Dolls. I quattro fratellini portarono una ventata di cambiamento, frullando ed esasperando più di 20 anni di tradizione musicale e al contempo imponendo nuovi standard che influenzeranno l’intera scena indipendente. Musica semplice, veloce, che rifiutava gli orpelli in nome di una immediatezza e di una freschezza che non dimenticavano le radici melodiche del rock americano.

Nato il 19 maggio 1951 come Jeffrey Ross Hyman nel quartiere newyorkese di Forest Hills, nel Queens, timido e introverso, “Joey Ramone”, trovò sul palco la sua dimensione. Fu notato a un concerto dal futuro bassista dei Ramones, Dee Dee e all’inizio degli anni ‘Settanta cominciò la storia della band. Insieme a Tommy alla batteria e a Johnny alla chitarra si saldò il nucleo storico del gruppo: le prove allo storico locale CBGB’s, i concerti fuori città e poi il primo, rivoluzionario disco, “Ramones“, nel 1976. L’attacco al fulmicotone di “Blitzkrieg Bop“, con il suo iconico e storico “Hey Oh! Let’s Go!“è solo l’inizio di una mezz’ora di punk-rock sparato: dietro il microfono, a incidere il nome della band nella storia, i quasi due metri di Joey. Da lì la band decolla: prima “Leave Home“, poi “Rocket to Russia“, confermano il successo del gruppo che poi riuscirà a catturare la frenesia dei suoi live nello storico “It’s Alive” del 1979.

La carriera della band continuò fino a metà anni Novanta, tra cambi di formazione e anche di suono: da citare, almeno, “End of Century“, disco del 1980 che ammorbidì il sound dei fratellini, finiti in studio a registrare addirittura con il produttore Phil Spector, già collaboratore dei Beatles. Criticato dai fan, contiene uno dei brani più amati, quel “Baby, I love You“, cover di un brano originalmente intepretato dalle Ronettes.

Nel 1993 “Acid Eaters“, un disco di cover, omaggia le radici sixties della band; tre anni più tardi il canto del cigno dei Ramones con un ultimo live per salutare un mondo, quello punk-rock, del quale erano ormai considerati veri e propri padrini. Per Joey arriva la carriera solista: un disco, “Don’t Worry About Me” che contiene una cover di “What a Wonderful Word” di Louis Armstrong. Un album che il cantante di New York non riuscirà mai a vedere stampato: la sua pubblicazione arrivò dopo la sua morte per un tumore al sistema linfatico. La sua influenza, soprattutto, underground rimane enorme: sia dal punto di vista prettamente musicale, sia da quello attitudinale e di look, diventato divisa di ordinanza per centinaia di musicisti di area punk e hardcore.

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