La band irlandese omaggia l'album che trasformò il sound del gruppo con un vinile speciale
‘Achtung Baby’ ha compiuto 30 anni il 18 novembre e venerdì 19 novembre gli U2 celebrano il disco della svolta, uscito nel 1991, con una doppia edizione su vinile Standard e Deluxe. Il 3 dicembre 2021 sarà poi pubblicato un cofanetto digitale con 50 tracce. Bono ha descritto l’album come il tentativo di “quattro uomini di abbattere il ‘Joshua Tree'”, con riferimento al lavoro del 1987 che consacrò il gruppo irlandese come icona del rock epico e portabandiera dei diritti umani.
Il sound cristallino della band venne centrifugato agli Hansa Studios di Berlino, insieme a quel Brian Eno che proprio lì aveva forgiato i dischi della trilogia berlinese di David Bowie. Ma le session ( a cui partecipò anche l’altro produttore Daniel Lanois) si rivelarono difficili , con quattro individualità sull’orlo di una crisi di nervi e mai così vicine allo scioglimento. Il cantante e il chitarrista The Edge premevano per una rivoluzione sonora, industriale, elettronica e sporca, con influenze dance, trovando nel batterista Larry Mullen e nel bassista Adam Clayton reticenze e dubbi, che portarono al conflitto. Poi la matassa fu sbrogliata da una serie di accordi che The Edge aveva nel cassetto. Dentro lo studio arrivò la magia, con una linea di voce improvvisata da Bono che fece decollare quell’embrione di canzone. Era ‘One’, la ballata perfetta che ricementò la band, diventando poi uno dei brani simbolo degli U2.
Ma la svolta voluta da Bono e The Edge ci fu davvero, con l’acida ‘The Fly’, singolo apripista che spiazzò i fan, e con il brano di apertura ‘Zoo Station’, sferragliante e rumoroso, con la voce del leader effettata fino a essere quasi irriconoscibile. C’è poi il funk di ‘Mysterious Ways’, la scudisciata elettrica di ‘Until The End Of The World’, definita da Bono, ispiratissimo nelle liriche in tutto il lavoro, “una conversazione tra Gesù e Giuda”. Ma è difficile davvero trovare pezzi deboli in ‘Acthung Baby’: sarebbero da citare tutti, ma non si può non menzionare la tensione di ‘Acrobat’, il lirismo sporco di ‘Who’s Gonna Ride Your Wild Horses’ e l’incontro tra Kurt Weill e Jimi Hendrix della conclusiva ‘Love Is Blindness’. La svolta non fu solo sonora. I quattro cambiarono anche immagine, che divenne glam, provocatoria e sexy.
Bono creò un alter ego quasi caricaturale, una rockstar vestita di pelle nera con giganteschi occhiali da mosca, che gli permetteva di indossare una maschera e dire cose che non ci si sarebbero aspettate dal Papa laico del rock che era parso essere fino ad allora. Questi personaggi furono poi sviluppati nel tour che seguì il disco, lo Zoo Tv, una rivoluzione totale per i live show di una rock band, con schermi giganti collegati a tv satellitari, in una celebrazione ironica della società dell’immagine, allora incentrata sul bombardamento televisivo, che anticipava il mondo che sarebbe venuto dopo. La scommessa azzardata di Bono e soci era stata vinta, aprendo un decennio di esperimenti e sfide, che mantennero gli U2 freschi e vitali.
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