La mostra-evento durerà fino al 6 gennaio, nel decennale della scomparsa del cantautore
Roma è stata un luogo dal potere magnetico per la poetica visionarietà di Lucio Dalla, ispiratrice di canzoni scritte tra i vicoli nelle ‘notti dei miracoli’, magico ritrovo dello spirito del cantore. Nel quartiere di Trastevere, in vicolo del Buco 7, dove Dalla abitò fino alla metà degli anni 80, campeggia una targa con una strofa de La sera dei miracoli, canzone simbolo del suo legame con la città. “Mi stupisco sempre più del rapporto che c’è tra me e Roma – erano state le parole dell’artista -. Una città unica al mondo, un palcoscenico straordinario che unisce tutte le classi sociali, in cui non c’è contrasto, c’è voglia di stare insieme”. La grande mostra-evento dedicata a Lucio Dalla debutta così a Roma, città con la quale l’artista aveva instaurato questo legame profondo, al museo dell’Ara Pacis da domani fino al 6 gennaio, nel decennale della sua scomparsa. La Capitale è un’altra importante tappa di un percorso iniziato a Bologna che proseguirà nel 2023, in occasione dell’ottantesimo della nascita, a Napoli, Pesaro, Milano e successivamente all’estero. “Questo è un racconto importante, perché vicino agli aspetti del suo percorso artistico che si conoscono maggiormente, c’è il suo percorso personale – ha spiegato a LaPresse il curatore della mostra Alessandro Nicosia -. Chi era Dalla? Cifra di questa mostra è di aver trovato tanti materiali inediti, che ci hanno permesso di raccontare come nasce, la sua famiglia, l’infanzia, gli inizi musicali, gli amici, le sue donne, i suoi grandi amori”. Roma è stata anche la città complice di incontri memorabili, due su tutti: Federico Fellini e Andy Warhol, con cui gli capitò di giocare a flipper al Notegen in via del Babuino, senza sapere chi fosse. Poi l’intenso rapporto con il cinema. Prima fra tutte la colonna sonora di ‘Borotalco’ di Carlo Verdone, un punto di svolta nel rapporto tra musica e cinema, soprattutto per l’inserimento di ‘Cara’. “È stato l’artista più generoso che abbia mai conosciuto. Mi disse: ‘Se il film non è bello ti faccio causa’ – ricorda Carlo Verdone -. All’anteprima il pubblico ne fu entusiasta e anche lui, ci furono grandi applausi, il giorno dopo siamo andati a pranzo insieme. I suoi arrangiamenti sono stati sempre innovativi e originali. A Roma si era preso casa in un vicolo buio di Trastevere proprio come se fosse un vero romano, non un bolognese in visita a Roma”. Attraverso un’ampia raccolta di oggetti, documenti, foto, copertine dei dischi, video, abiti di scena, locandine dei film a cui ha partecipato, manifesti, la ricca collezione di cappelli e berretti, si scoprono l’intimità di Lucio e la potenza della sua musica. “Aveva un dono straordinario: la grande fantasia e le passioni – ha raccontato Renzo Arbore -. Era dominato dalle passioni. Aveva un’ecletticità che lo faceva amare tantissimo, conosceva tutte le musiche, partendo dal jazz, toccava il reggae, la musica sudamericana, italiana, quella napoletana. Diceva: ‘In confronto a ‘Era de’ maggio’, ‘Let it be’ dei Beatles è un jingle pubblicitario'”. La mostra, con una particolare attenzione all’accessibilità, è suddivisa in oltre dieci sezioni che documentano l’intero cammino umano dell’artista, il suo ruolo nel cruciale passaggio culturale dagli anni Sessanta in poi, la modernità del suo pensiero, l’eclettismo del suo agire. Dalla, protagonista di una continua ricerca espressiva di sonorità, è stato innovatore e precursore di stili, esponente di spicco del movimento sperimentale ma anche attore, scrittore, regista teatrale, amante del mare, tifoso della Virtus e del Bologna.
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