Quasi tre ore di concerto in uno show di redenzione e salvezza

Ha spazzato via le nubi e le polemiche facendo quello per cui non a caso è chiamato il Boss: un grande show di rock’n’roll, per regalare qualche ora di sollievo a un’Emilia-Romagna devastata dalle alluvioni. Il concerto di Bruce Springsteen a Ferrara, come ormai noto, è stato preceduto da un aspro dibattito sull’opportunità di svolgere lo spettacolo dopo i morti e i danni nella Regione, con il rischio di spostare uomini e mezzi dei servizi di emergenza dalle vicine zone di crisi, benché Ferrara non fosse zona rossa.

Show nonostante le polemiche

Una scelta difesa dal sindaco Alan Fabbri, che ha bollato come “demagogiche” le polemiche, e dagli organizzatori di Barley Arts che hanno assicurato che nessuna risorsa è stata tolta all’emergenza, ma invece contestata dalla vicepresidente della Regione Irene Priolo. Un dubbio che si era insinuato anche nel popolo springsteeniano, proveniente da tutta Italia e tutta Europa ma anche dagli Usa, che al netto dei disagi per alcuni treni cancellati, e delle difficoltà sulle autostrade, ha pacificamente invaso la città e l’area dello show, il Parco Bassani. L’afflusso è stato ordinato e senza problemi di viabilità, con qualche nervosismo solo per la ritardata apertura delle porte, dovuta all’ultimo necessario sopralluogo delle autorità in mattinata per dare l’agognato via libera allo show. Poi nonostante il fango, affrontato astutamente da molti fan con i classici stivali di pioggia di gomma, tutto è filato liscio.

Il rock del Boss

E quando poco prima delle 20 Springsteen è salito sul palco, camicia e jeans neri, salutando con un “Ciao Ferrara” e facendo partire l’inno contro la resa, una tiratissima ‘No Surrender’, si è capito che Bruce e il rock avevano vinto la loro scommessa, una volta ancora. Conoscendo la sensibilità politica e sociale dell’artista del New Jersey ci si sarebbe aspettati un riferimento alla tragedia o un brano dedicato alle vittime ma lo Springsteen di questo tour è un Boss senza fronzoli, che ha messo da parte discorsi, canzoni a richiesta e siparietti, da sempre parte integrante dei suoi concerti maratona. E’ un Bruce intenso che porta nella prima parte della performance la poesia metropolitana e la rabbia urbana dei due dischi capolavoro ‘Born to Run‘ (1975) e ‘Darkness on the edge of town‘ (1978) con pezzi come ‘Promised Land‘ ‘Prove it all night‘, ‘Backstreets‘, ‘She’s the one‘ e ‘Candy’s Room‘ (uno di quei brani ‘minori’ che sono un colpo al cuore per i fan di vecchia data). La scaletta è collaudata e dà poco spazio alle variazioni tanto amate dai supporter che lo seguono in ogni data, tra i quali serpeggia qualche mugugno. Ma questo è lo Springsteen 2023, che porta in scena una narrazione sulla falsariga del suo show acustico teatrale e intimo di Broadway, adattata e amplificata per la macchina da guerra rock’n’roll della fida E Street Band e per le folle oceaniche dei grandi spazi all’aperto. Momento chiave del concerto è la recente ‘Last Man Standing‘, dolente ballad acustica dedicata a George Theiss, batterista della sua prima band, ‘The Castlies’, scomparso nel 2018. Bruce introducendola spiega di aver realizzato alla morte dell’amico di essere rimasto l’unico membro vivente di quel gruppo, e ne trae una riflessione sull’avvicinarsi della morte e sull’importanza di non dare per scontato il fatto di essere vivi. C’è spazio anche per il soul scintillante di ‘Nightshift‘, cover dei Commodores parte del suo ultimo disco tributo alla black music, ‘Only the strong survive’ e per il rythm and blues di ‘Kitty’s back’, che sfocia in una jam di jazz e mette in mostra la maestria dei grandi musicisti che lo accompagnano, il pianista Roy Bittan su tutti, e dei fiatisti che integrano la line-up allargata della sua storica formazione, da lui omaggiata con la classica, e questa sì per un attimo gigiona, presentazione della ‘legendary E Street Band’.

Quasi tre ore di concerto

Sul finale delle quasi 2 ore e 50 del concerto è tempo dei momenti più gioiosi e il clima vira a festa con il siparietto con Little Steven su Glory Days: “Steve, loro non vogliono fottutamente andare a casa”, scherza Bruce con il chitarrista pirata del gruppo, amatissimo dai fan, tirando in lungo la canzone con botta e risposta con il pubblico. Scorrono la hit che fece del Boss un fenomeno globale ‘Dancing in the dark’ e torna il rythm and blues con ’10th Avenue Frezze-Out’ con il ricordo dei membri della E Street tristemente persi nel cammino della vita, Clarence Clemons e Danny Federici. Poi l’inno di libertà ‘Born to run‘, il brano simbolo del rocker che ha messo in musica e parole speranze e disillusioni dell’american dream. Per la chiusura di uno show che è stato di redenzione e salvezza il Boss sveste i panni di quell’incredibile rocker che è ancora a 73 anni, e imbraccia solitario una chitarra acustica per intonare la dolceamara ‘I’ll see you in my dreams’ dall’ultimo album di inediti ‘Letter to you’. ‘Ti vedrò nei miei sogni, ci reincontreremo e rideremo ancora insieme, perché la morte non è la fine’ canta Springsteen, con la voce roca spezzata dall’emozione e lo schermo che rimanda le rughe del suo volto intenso. Ancora una volta il Boss strega i suoi fan, basta guardare le facce illuminate dalla gioia del suo popolo stravolto ma felice che lascia il gigantesco prato fangoso per tornare a casa dopo un concerto che è celebrazione della vita, anche in giornate in cui si piangono i morti.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata