Per alcuni artisti è una preziosa risorsa da sfruttare, per altri una rivoluzione da non temere

Per alcuni artisti è una preziosa risorsa da sfruttare, per altri una rivoluzione da non temere. Ma c’è anche chi la considera soprattutto un pericolo. In ogni caso, da qualsiasi prospettiva la si guardi l’intelligenza artificiale è sempre più centrale nel dibattito, specie per quanto riguarda il suo possibile uso nell’arte, nella musica, nel mondo dello spettacolo. Il tema è stato affrontato in un convegno organizzato dalla sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, secondo cui “ci sono testi e immagini che ormai sono liberi dal diritto d’autore che però andrebbero citati, servirebbe un patentino affinché le nuove generazioni possano riconoscere un vero quadro di Caravaggio o una canzone dei Pink Floyd”.

Nella musica il tema è già molto dibattuto. E non solo in ottica futura, considerato che molti artisti hanno già annunciato nuovi progetti con l’uso dell’IA. Tra questi, uno dei più ‘rumorosi’ è quello di prossima pubblicazione di cui ha parlato pubblicamente Paul McCartney. Il baronetto dei Beatles ha spiegato che entro la fine dell’anno uscirà un’ultima registrazione della band realizzata con l’IA, salvo poi precisare che la voce del compianto John Lennon non è ricreata dal nulla ma solo lavorata -estrapolandola da un demo- con l’innovativo strumento per renderla più nitida.

In altri casi, si sono usati metodi meno ortodossi. Il dj e producer David Guetta, ad esempio, è ricorso all’IA per imitare la voce di Eminem e aggiungerla a un suo brano strumentale. Altri progetti sono in cantiere e all’appello non poteva certo mancare un pioniere della musica elettronica come Giorgio Moroder, che in un’intervista a LaPresse ha annunciato: “Farò un brano con l’intelligenza artificiale”. “Penso che oggi si parli tanto e con diffidenza dell’intelligenza artificiale ma in futuro sarà considerata perfettamente normale – ha spiegato il compositore -. E’ come l’uso del synthesizer, in passato il suo uso era considerato incredibile, oggi non c’è nessuno nella musica elettronica che non ne faccia uso”.

Un altro big della musica italiana come Ligabue, pur dicendosi “ancora troppo disinformato” sul tema, ha definito l’IA una “rivoluzione” che non si può ignorare. “Per ora è un sistema che più di attrarmi un po’ mi sta respingendo e lo scoprirò nel tempo -ha spiegato Ligabue-. Non sono spaventato, perché fino a quando ho la libertà di fare le mie cose non ho problemi. Ma che ci sia una ennesima rivoluzione imminente l’aria lo dice. Poi quale saranno i risultati aspettiamo di vederli”.

Su questo, ha le idee chiare Mogol. E non è certo un giudizio positivo, quello del celebre paroliere: “L’uso dell’intelligenza artificiale per la creatività è pericolosissimo, io so che si può scrivere una canzone con lo stile di Migliacci, in un secondo arriva una canzone che si può depositare. Non è una canzone scritta, che lui ha formulato in base alle indicazioni. Si potrebbero depositare migliaia di canzoni”, ha affermato Mogol. “Per la Siae, per la proprietà del diritto, di chi ha scritto, è pericolosissima. Mi hanno fatto vedere una volta cosa ci si può fare, ho ascoltato un brano riprodotto con questa tecnologia e sono rimasto a bocca aperta, sembrava proprio un brano scritto da me per Battisti. Come tutte le novità, può anche essere positiva, ma sotto il profilo della creatività è pericolosa. Poteva essere scritto da Mogol, da Migliacci, da chiunque. Mi ha fatto capire che è un pericolo. Penso che possa essere utile per quanto riguarda la scienza, non per l’arte”, è l’allarme lanciato da Mogol, che ha escluso categoricamente un inedito di Battisti con l’IA: “Anche se fosse possibile non lo farei mai con Lucio. La trovo una cosa scorretta, per quello che mi riguarda. Che qualcuno firmi qualcosa da una macchina non è una cosa corretta”.

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