“Sono maledettamente vivo e sono ancora qui”. Cresce l’attesa per il ritorno dal vivo di Gianluca Grignani che sarà in tour nei principali club italiani con ‘Residui di rock’n’roll‘. Un tour pensato per ripercorrere la trentennale carriera del cantautore milanese, con tutto il pubblico in piedi pronto a saltare sulle note rock di Grignani. Ad unire chi è sul palco e gli spettatori sarà una scaletta ricca di hit da cantare tutti insieme a squarciagola e di grandi successi che hanno segnato la storia della musica italiana, da ‘Destinazione Paradiso’ a ‘La mia storia tra le dita’, da ‘La fabbrica di plastica’ a ‘Quando ti manca il fiato’, brano presentato a Sanremo nel 2023.
In esclusiva a LaPresse, Grignani racconta le emozioni per questo nuovo tour e dice la sua sul momento della musica italiana e non solo. DOMANDA: a 52 anni torni con un nuovo tour a cui seguirà poi un disco, nonostante i 30 anni di carriera si può dire che è un nuovo inizio per te? RISPOSTA: “E’ un nuovo inizio, tutto quello che sto facendo adesso è un modo diverso di affrontare la vita e la musica. Partirà il tour, poi uscirà un libro e il disco. La gente ha bisogno di sentire musica sana e allo stesso tempo un po’ ‘malata’ come rock e blues. Però serve che la gente si fidi di me. Ci saranno le canzoni più importanti perchè la gente nei miei concerti la gente canta tantissimo. Poi il mio chitarrista (Salvatore Cafiero) ha avuto l’idea di usare il fuoco, non so come ma sicuramente faremo fuoco e fiamme… Come Jimi Hendriks? E’ vero, ma nessuno di noi lo è anche se in due possiamo farne uno…”. D: ‘Residui di rock’n’roll’… ma considerato la direzione che sta prendendo oggi la musica ha ancora senso il rock? O come dici tu ne restano solo dei residui…? R: “I residui sono la parte brutta dei ricordi, ‘Residui di rock’n’roll’ parla di tutto quello che è già passato ed è diretto verso quello che accadrà. Io faccio musica come mi piace, ci sono anche molti che fanno rap che vengono a sentirmi che sono rock”.
D: Oggi la nouvelle vague’ del rock italiano è rappresentato dai Maneskin, che ne pensi? R: “I Maneskin hanno avuto un grande successo grazie alla rete e lo stanno sfruttando bene. Ma per rimanere dovrebbero fare canzoni che restano e che abbiano un peso specifico per non bruciare il loro successo. Perché la musica non è tenera come la vita. Il mio è solo un consiglio lungimirante”. D: A proposito di rete, negli ultimi mesi artisti giovani come Sangiovanni, Mr.Rain o Gianmaria hanno denunciato apertamente di avere problemi nel gestire il successo. C’è chi ha dovuto fermarsi addirittura. Anche tu in una tua prima fase della carriera sei ad un certo punto sparito dalla scene. R: “Il nostro lavoro è pericolosissimo, inficiato dal grande bisogno di marketing e di danaro che esiste e che noi non vediamo. La musica tende ad essere peggiore perché lo dice la gente. L’esempio è Gianmaria che è un talento che ancora non è venuto fuori perché nel caos ha cercato di usare la sua arte in un modo che evidentemente non è piaciuta. Quello che i ragazzi vivono oggi io l’ho vissuto per 20 anni. L’allarme che sta uscendo oggi con la rete è quello che io avevo già denunciato con ‘La fabbrica di plastica’. Oggi non siamo figli di quello che viviamo ma per la prima volta viviamo qualcosa di completamente diverso guardando la rete e il mondo che è cambiato. I ragazzi di oggi in qualche maniera reagiscono e la reazione è la vera ribellione”. D: Di sicuro il mondo della musica è cambiato tantissimo da quando hai cominciato tu nel 1994. R: “Negli anni novanta c’era una ultima fase di voglia di ribellarsi al sistema e la musica era più sincera. Iniziava ad esistere la rete, ma bisogna pensare che il risultato non si ottiene solo se sei furbo. Forse la ‘fabbrica’ di plastica’ di cui parlavo io non ha ancora finito di mietere vittime. E’ un pezzo rock di cui vado molto fiero, la gente mi fermava e mi diceva ‘questo è l’atteggiamento da cui dovevo passare’. La consapevolezza me la dava la gente. Oggi io che vengo dagli anni ’90 sono vivo e sono qui”.
D: Negli anni si sono dette e scritte tante cose su di te, sei stato dipinto un po’ come un artista maledetto. Ti ci rivedi ancora in questa etichetta o sei cambiato? R: “Mi sono abituato ad essere considerato un ‘maledetto’ ma in realtà io di maledetto non ho proprio nulla. I maledetti sono quelli che nascono e muoiono in un breve lasso di tempo mentre io sono ancora vivo. Ma attenzione a dire a un ragazzo che è maledetto, perché se poi rimane vivo sono cazzi di chi lo ha detto. E’ così che iniziano le rivoluzioni. Può sembrare forte quello che dico ma è reale. Se a venti anni ti avessero detto una cosa del genere e uscendo per strada ti avessero offerto dell’eroina da metterti in vena solo perché ti dicevano di fare così e tu dovevi scappare perché avevi paura di questa cosa… ma quante volte potevi scappare. E nessuno si prende la responsabilità di dire al ragazzino che a volte si addita qualcuno come maledetto solo per ‘vendere’. Io sono maledetto sì, ma sono maledettamente vivo, maledettamente rock e maledettamente bravo a rimanere qui e il mio marketing è nato per difendermi”.
D: La settimana scorsa si è detto di un Grignani portato in ospedale dopo un malore, che è successo? R: “Quello che è stato scritto e detto la settimana scorsa era tutto falso, mentre in passato l’esagerazione l’ho lasciata andare perché se mi fossi infilato in quel circo mi sarei fatto del male. Per questo ho preferito far credere alla gente certe cose, che poi in parte ho subìto. Io voglio solo dimostrare che quello che viene detto finché non viene motivato non ha senso. E’ assurdo il gap che c’è tra un maledetto e me, se me lo dicono adesso io rido. Molti ragazzi di oggi mi chiamano ‘leggenda’, quando lo dissi a Vasco lui si arrabbiò e mi disse ‘non sono ancora morto’. Io risi perché è un amico. Ma se lo dicono a me non c’è problema”. D: Un tour, poi il nuovo disco, cosa c’è ancora nel futuro di Grignani: sei pronto a tornare a Sanremo anche tu? R: “Nel mio futuro non so nemmeno se ci sono io, sicuramente io ci sarò nel vostro però. Vedremo, ma dovrebbe esserci uno forte come Amadeus. A proposito, siccome in molti si sono proposti come direttore artistico io mi propongo come vaso per i fiori per tutte e sette le serate. Comunque Amadeus è stato un signore, è ancora lui l’uomo del futuro ed è per questo che ha ottenuto quello che ha ottenuto. L’ultimo festival l’ho visto a spizzichi e bocconi. Mi è piaciuta molto Angelina Mango che è fortissima, è una figlia d’arte e mi piace tantissimo. Anche se adoro Madame la canzone non l’ho capita a fondo, ma credo la vittoria sia meritata. E poi mi è piaciuto Irama”.