Milano, 28 nov. (LaPresse) – Valentino Rossi vede ancora lontano il suo ritiro. “Ho un contratto fino al 2014, se sarò abbastanza forte, in grado di fare un passo avanti e stare al livello dei primi tre, allora voglio continuare per altre due stagioni con la Yamaha, nel 2015 e nel 2016”, spiega il ‘Dottore’, in un’intervista a ‘Rolling Stone’. “Non ho ancora deciso. Quello che mi interessa è essere competitivo”. Con il Mondiale 2013 ormai in archivio, Rossi rievoca il momento più emozionante della stagione, il trionfo ad Assen. “È stata una delle vittorie più importanti della mia carriera, ma non la più importante. Quelle che contano davvero sono quelle che ti fanno vincere il titolo. Però posso dire che è una di quelle che ho desiderato più a lungo. Quanto è passato dall’ultima, due anni e mezzo? Cazzo, è troppo tempo. Sono state delle domeniche molto brutte. Frustranti. Specialmente quando ero in Ducati”.
Proprio sull’esperienza con la casa di Borgo Panigale, commenta: “La prima volta che ho guidato la Ducati è stato uno shock. Dopo tre giri ho pensato: ‘Siamo nella merda’. Mi sono bastati per capire che avevo fatto un errore. Non avevo potuto mai provare la moto prima di firmare, ma ho firmato lo stesso”. “I problemi erano chiarissimi fin dall’inizio”, prosegue Rossi. “Ho detto: ‘Ok, proviamo a migliorare questa moto’. Abbiamo lavorato per tutta la prima parte della stagione, ma dopo 10 gare ho cominciato a capire che non avrei mai vinto con quella moto. Le voci secondo cui volevo rescindere il contratto erano vere, ma non potevo farlo, non c’era modo. Ed è stato un bene. Sarebbe stata una scelta sbagliata, troppo facile dire: ‘Me ne sto a casa’ quando le cose vanno male. Non bisogna arrendersi. Si dice che quando attraversi un periodo difficile diventi più forte, secondo me non è vero. Sicuramente diventi più vecchio”. A detta del pilota, Stoner “ha fatto un lavoro incredibile con la Ducati e se riguardo la sua telemetria non capisco come abbia fatto. La gente pensa che Stoner fosse molto veloce, ma non molto intelligente, e per questo alla fine ha fatto il botto. Ma la realtà è che con la Ducati ha dovuto guidare sempre oltre il limite, andare più forte possibile. E se guidi così, alla fine ti schianti”.
“Abbiamo due storie diverse”, chiarisce il ‘Dottore’. “Lui aveva guidato una sola moto, la Honda di Luca Cecchinello e per un solo anno, quando è passato in Ducati. Credo abbia pensato: ‘Fanculo, questa moto è buona, devo vincere’. Io invece – prosegue – venivo da anni con la Honda e la Yamaha e ho capito subito che la moto non era buona. Sono sicuro che se Stoner domani salisse sulla Ducati di Dovizioso arriverebbe sesto. Comunque guidava in un modo incredibile. È unico. Se mi manca? In pista sì. Era un grande talento, difficile da battere. Fuori dalla pista no. Senza di lui, tra noi piloti va molto meglio. Ci sono i rivali e i nemici, ma la situazione è normale: quando finisce la gara non siamo amici, ma l’atmosfera è ok”. Parlando ancora di Pedrosa, per Rossi è un peccato “che non sia mai stato campione del mondo. Se lo merita, mi piace molto. Adesso mi sembra che gli sia entrata un po’ di paura, ha il talento per vincere il titolo, ma si è rotto le ossa 18 volte. Sono tante. Forse potrei fare quattro chiacchiere con Lorenzo e Mßrquez e dirgli: ‘Ragazzi per favore, lasciatene uno a Dani'”.
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