Di Paolo De Chiesa – Sochi (Russa), 9 feb. (LaPresse) – In occasione delle Olimpiadi invernali di Sochi 2014, l’ex azzurro Paolo De Chiesa commenta in esclusiva per LaPresse le gare di sci alpino.

Degna di un’Olimpiade, fra curve mozzafiato e salti spettacolari, ormai rari persino nelle grandi classiche, la pista di Sochi ha regalato emozioni e sorprese, come la vittoria dell’austriaco Mayer, tale solo per chi non l’avesse seguito con attenzione nelle tornate di prova, centellinate a tratti alterni in attesa del collage finale. Pensate che a lastricargli la strada d’oro può essere stato un errore, l’improvviso quanto indesiderato arretramento del baricentro nella compressione dopo la diagonale ghiacciata, nel momento di inerzia dell’inversione di spigoli in cui si è vulnerabili alle forze che, in una compressione del genere, spingono sulle code degli sci. Come sia riuscito a pennellare la curva successiva, in quella scomoda posizione e senza il minimo scarto, entrando in un frullatore di spinte centrifughe destinate a chi affronta un tornante a gomito a 115 orari, è un mistero! Questo virtuosismo atletico e tecnico ha preconizzato una serie di passaggi in sintonia con i 4 dossi che caratterizzavano le altrettante curve seguenti, viatico per l’abbrivio del rush finale di scorrimento. Se la discesa di Mayer è già nella storia, Innerhofer è entrato nel mito dopo il mio compagno di Valanga Azzurra Herbert Plank, bronzo a Innsbruck, nel 1976 e il leggendario Zeno Colò che, a Oslo, nel 1952, vinse l’oro! Partito come nessuno era riuscito a fare nemmeno in prova, l’azzurro vantava quasi mezzo secondo di vantaggio dopo poco meno di un minuto di gara, appendendosi alle lamine dei suoi sci come solo lui sa fare quando è in stato di grazia, senza mai perdere la fluidità d’azione, condizione imprescindibile per essere scorrevoli sul manto leggermente ammorbidito dalla nuvolosità notturna e difficilissima da mantenere in situazioni di visibilità non ottimale.

Perso tutto il vantaggio, complice un taglio sui dossi di cui sopra, Christoph ce l’ha messa tutta, atterrando però troppo a destra sull’ultimo salto e dovendo correggere lo spigolo prima del filo di lana, attraversato a un metro e pochi centimetri da Mayer o, se preferite, 6 centesimi dopo il campione olimpico di discesa. Se un giorno, a freddo, il nostro fantastico campione dovesse avere qualche rammarico, beh, dovrebbe guardarsi le spalle e vedere un calice quasi pieno in cui brindare per tutta la vita: 5 centesimi in più e sarebbe stato come Plank, ma se ne avesse impiegati altri 24à. sarebbe rimasto ai piedi del podio al posto di Svindal, beffato dall’amico norvegese Jansrud, autore di un autentico exploit un anno dopo la rottura del legamento crociato anteriore ai Mondiali di Schladming. E Miller, il grande favorito dopo le prove? Troppo brusco nella parte centrale, colpendo qualche porta di troppo, dopo aver tenuto un passo da medaglia per metà gara e finendo alle spalle di Peter Fill, relegato al 7° posto da soli 49 centesimi di distacco dal vincitore.

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