di Antonio Martelli
Torino, 28 mag. (LaPresse) – “E’ un dramma che va ricordato sempre, perché non ha senso morire per andare allo stadio”. Inizia con queste parole la testimonianza di chi quel 29 maggio del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles ha visto la morte passargli davanti. “E’ una idiozia assurda, è stato agghiacciante quello che ho visto”, aggiunge a 30 anni di distanza il dottor Corrado De Sanctis, tifoso della Juventus di Torino. Nel 1985 era ancora un giovane studente in medicina che con due suoi amici e colleghi decide di andare a vedere la finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles. “Avevamo pochi soldi, abbiamo trovato i biglietti grazie a degli amici di famiglia e siamo partiti in macchina con l’idea di tornare subito dopo la partita”, ricorda. Ma quella che doveva essere una gioiosa avventura si è trasformata in un autentico incubo fin dall’arrivo allo stadio Heysel. “Siamo arrivati circa un’ora prima della partita e abbiamo trovato uno scenario lunare – racconta – c’era il deserto, con macchine distrutte, vetri infranti e bottiglie per terra. Un taxista belga ci disse ‘voi siete dei pazzi ad andare lì’. Sembrava di essere a Beirut, c’era un clima di guerriglia”.
E quello che accadde nelle ore, o meglio nei minuti successivi è cosa nota: gli hooligan inglesi che irrompono nel settore Z, la calca dei tifosi italiani impauriti e il crollo del muro che causa la morte di 39 persone. L’entità della tragedia che viene in un primo momento nascosta per far disputare una partita che a quel punto non aveva più senso. “Noi eravamo in una tribuna abbastanza vicina al settore Z, per puro caso uno dei tre non era in quella zona. Non abbiamo saputo nulla di tutti quei morti se non alla fine della partita”, ammette.
“Dal nostro settore abbiamo visto i tifosi inglesi caricare con le bottiglie rotte e cercare di invadere il settore opposto. Ma da dove eravamo non si percepiva il crollo della struttura, sembrava una semplice invasione di campo. Lo speaker dello stadio disse che c’erano stati disordini e credo che per motivi di ordine pubblico, per non seminare il panico, la partita si sarebbe giocata”, prosegue il racconto del medico torinese. “Nell’intervallo era circolata la voce che forse c’era stato 1 morto, ma non sapevamo cosa era accaduto realmente. I tifosi juventini della curva opposta, invece, credo l’avessero saputo perché uno dei capi tifosi dell’epoca mi ha raccontato anni dopo di aver scavalcato il recinto per andare a vedere cosa stava succedendo avendo un fratello proprio nel settore Z”, racconta ancora De Sanctis. Quel settore era riservato inizialmente ai tifosi belgi, ma alla fine sugli spalti c’erano tanti tifosi italiani che divennero oggetto della furia degli hooligan. Per l’allora giovane studente torinese e i suoi due amici “il dramma è stato all’uscita quando abbiamo rischiato di essere schiacciati dalla calca. C’è stata un’altra carica di tifosi inglesi ubriachi per cui in molti sono tornati a correre verso lo stadio. Mi sono ritrovato sdraiato a terra, con i vestiti strappati e senza scarpe e con la gente che mi calpestava”. Una autentica scena da film dell’orrore. “Soltanto uscendo un poliziotto ci ha detto che c’erano stati molti morti italiani. L’avessimo saputo prima di tutti quei morti ci saremmo posti il problema, ma eravamo tre ragazzi e ci sembrava più protettivo restare nello stadio ed uscire insieme agli altri che affrontare da soli la massa degli hooligan”, ammette.
Proprio alle autorità belga si devono ascrivere grosse responsabilità per quanto è accaduto. “Un servizio d’ordine del tutto insufficiente, 2-3 poliziotti anziani per settore che ci davano delle indicazioni. Ho parlato in questi anni con tanti tifosi presenti all’Heysel in altri settori e tutti mi hanno sempre confermato che nessuno sapeva quello che era realmente accaduto”, insiste ancora il medico piemontese. L’avventura di quei tre ragazzi si è conclusa per fortuna senza conseguenze, grazie anche all’accoglienza di una famiglia del posto, ma a 30 anni di distanza è una ferita ancora aperta. Così De Sanctis conclude: “lo vivo ancora come un lutto e ho vissuto con commozione la commemorazione della curva juventina” in occasione della partita contro il Napoli.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata