Ryder Cup 2022, Montali: La mia esperienza per il golf italiano

Il neo direttore generale ha voluto partecipare all'assemblea dei direttori dei circoli

Come primo passo in un ambiente fin lì sconosciuto, Gian Paolo Montali, 55 anni, di Parma, neo Direttore Generale della Ryder Cup 2022, ha voluto partecipare all'assemblea dei direttori dei circoli. "Per cercare di capire da loro cosa c'è, ma soprattutto cosa manca al golf italiano per affermarsi una volta per tutte", spiega. La sua designazione è stata ufficializzata in occasione della prima riunione del Comitato Organizzatore (che vede, accanto al Presidente Franco Chimenti, la Vice Presidente Lavinia Biagiotti, Guido Barilla, Evelina Christillin, Stella Coppi, Giorgio Fossa, Luigi Gubitosi, Giampaolo Letta, Raffaello Napoleone e Francesco Soro). Dopo i trionfi da allenatore e commissario tecnico di volley (unico ad aver vinto cinque campionati in quattro città diverse, un Campionato del Mondo per club, una Coppa dei Campioni, tre Supercoppe Europee, quattro Coppa delle Coppe, più trofei vari), e l'esperienza da dirigente e da manager in società di calcio di primo piano come Juventus e Roma, arriva alla Federazione Italiana Golf per volontà del Presidente Franco Chimenti: "A lui va l'enorme merito di aver avuto il coraggio di osare, centrando un risultato inimmaginabile come la Ryder Cup a Roma. Adesso però si tratta di affrontare un'altra sfida: far crescere il movimento golfistico italiano, fargli fare un concreto salto di qualità. E come sempre accade nello sport, per ottenere il risultato servirà attenzione a ogni dettaglio, coesione, passione e grandi motivazioni. Non mi basta partecipare: gioco per vincere, come ho sempre fatto nelle mie precedenti esperienze".

Montali si definisce un pragmatico, un ottimizzatore. Ama il confronto continuo e costruttivo, senza mai tirarsi indietro quando è il momento di decidere: "Ma una volta scelta la strada da seguire, bisogna remare tutti nella stessa direzione". Alle sue precedenti esperienze nel mondo dello sport vuole attingere a piene mani: "Mi piacerebbe che il golf avesse una platea come quella calcistica e il concetto alla base della pallavolo, dove quando spiove la palla nel tuo campo nessuno deve dire 'tua!'. Prendersi con coraggio le proprie responsabilità, dire "mia!', è quello che consente di aggiudicarsi una partita". E il fatto che provenga da esperienze extra golf? Non è un punto debole, anzi: "Un non addetto ai lavori vede difetti, punti deboli e punti di forza". La scelta del suo nome? "Un segno di volontà di cambiamento, senza dimenticare quanto di buono fatto fin qui". I primi obiettivi da raggiungere? "Almeno due: creare un settore tecnico capace di produrre campioni e renderli d'appeal; tenere costantemente aperto un canale con i tecnici del golf e con i golfisti, per lavorare insieme alla crescita dell'intero movimento".