Incidenti, malori, mancanza di sicurezza o tragiche fatalità. Ma non sono solo gli sciatori di professione ad aver perso la vita sulla neve
Incidenti, malori, piste non sempre in sicurezza o tragiche fatalità. La morte della giovane Matilde Lorenzi, promessa dello sci azzurro, deceduta in seguito a una caduta in Val Senales, in Alto Adige, durante un allenamento, è solo l’ultima di una lunga serie di tragedie sulla neve. Nonostante i materiali a disposizione attualmente e gli standard elevati in tema di sicurezza, la montagna ha fatto diverse vittime nel corso degli anni.
A cominciare da un altro atleta italiano, Giacinto Sertorelli, due volte medaglia d’argento ai Mondiali in discesa libera, morto nel 1938 per le conseguenze di una caduta a Garmisch-Partenkirchen a causa della pista gravemente deteriorata. Stessa sorte è toccata nel 1953 a Ilio Colli, schiantatosi contro un albero a più di 100 km orari durante la gara internazionale di discesa libera Trofeo Fiocchi-Coppa Città di Lecco. Non persero la vita durante una gara, bensì nel corso delle riprese del film ‘Skifaszinationen’, lo statunitense Buddy Werner – primo sciatore a stelle e strisce di livello internazionale – e la tedesca Brbara Henneberger, travolti da una valanga il 12 aprile del 1964 a Celerina, in Svizzera. Il regista del film era all’epoca il fidanzato di Henneberger, Willy Bogner. Due anni più tardi ancora una valanga è stata fatale a Michele Rubli, morta a Whistler Blackcomb mentre praticava elisci, mentre le ferite riportate in una caduta a Bourg-Saint-Maurice sono state fatali nel 1975 al francese Michel Dujon. L’anno successivo è morta mentre praticava sci alpinismo l’austriaca Gertrud Gabl, vincitrice della Coppa del Mondo generale e della coppetta di slalom speciale nella stagione 1968/69, mentre il francese Jean Pierre Augert è stato colpito da una valanga. E’ morto per un incidente in una gara benefica, nel 1984, il discesista austriaco Josef Walcher, campione del mondo in discesa libera a Garmisch nel 1978.
E’ morto nel 1985, ma per le conseguenze di un incidente avvenuto anni prima, nel 1979, a Cortina d’Ampezzo, Leonardo David, grande promessa dello sci italiano di fine anni ’70, considerato l’erede di Gustav Thoeni. Nonostante gli esami medici non avessero trovato nulla di rilevante dopo quella caduta, il ragazzo iniziò ad accusare alcuni disturbi ma si presentò comunque a Lake Placid per la discesa libera pre-olimpica. Durante la prova cadde nuovamente e piombò in un ‘coma vigile’ da cui non si riprese più. Le morti sulle piste da sci non si arrestarono neanche negli anni ’90: nel 1991 l’austriaco Gernot Reinstadler rimase vittima di un grave incidente durante le prove di discesa libera sulla Lauberhorn, l’anno dopo il connazionale Peter Wirnsberger II ad Altenmarkt-Zauchnsee finì contro una staccionata e morì poco dopo per le ferite riportate. Nel 1994 sempre l’Austria perse la propria campionessa Ulrike Maier, vincitrice in Super-G ai Mondiali del 1989 e del 1991, per un incidente durante la discesa libera di Coppa del Mondo a Garmisch: l’atleta perse il controllo nel tratto finale in piena velocità andando a sbattere contro un mucchio di neve e contro un paletto che reggeva la fotocellula del cronometro. Si sarebbe ritirata al termine di quella stagione. Due incidenti mortali anche nel 2012: la sciatrice freestyle canadese Sarah Burke, specializzata nell’halfpipe e considerata una delle favorite per l’oro alle Olimpiadi di Sochi del 2014, è morta a 29 anni per le conseguenze di un incidente in allenamento a Park City, nello Utah. Stessa sorte è toccata al connazionale Nikola Zoricic, sciatore alpino e sciatore freestyle, specializzato nello ski cross, durante gli ottavi di finale della tappa di Coppa del Mondo a Grindelwald per le conseguenze di un trauma cranico. Negli ultimi anni hanno perso la vita il francese David Poisson, nel 2017 durante un allenamento a Nakiska, Michel Ganac, nel 2019 mentre praticava sci alpinismo nelle Alte Alpi, e Julie Pomagalski, snowboarder morta nel 2021 travolta da una valanga in Svizzera, nel Canton Uri.
Ma non sono solo gli sciatori di professione ad aver perso la vita sulla neve. E’ il caso di Sonny Bono, cantante, produttore discografico e politico statunitense morto nel 1988 sulle piste di Lago Tahoe al confine tra California e Nevada dopo esser andato a sbattere contro un albero. Nonostante la sua morte sia stata catalogata come accidentale, il fatto che pochi giorni prima Michael Kennedy fosse morto ad Aspen in un incidente dalla dinamica simile diede luogo a congetture su un possibile complotto. L’anno successivo è morto, sempre negli Usa ma a Beaver Creek, il nobile Alfonso di Borbone Dambierre, nipote del re Alfonso XIII di Spagna e pretendente al trono francese con il nome di Alfonso II: andò a sbattere contro un cavo che avrebbe dovuto sostenere una bandiera all’arrivo di una gara dei Mondiali di sci previsti per quell’anno. Più recentemente, nel 2013, è morto il conte olandese Friso di Orange-Nassau, sepolto da una valanga a Lech, in Austria, mentre sciava fuoripista. In quello stesso anno l’imprenditore svizzero Claude Nobs, direttore generale del Montreux Jazz Festival, è deceduto all’età di 76 anni per le conseguenze di un incidente mentre faceva sci nordico. Nel gennaio 2022 invece se n’è andato a 27 anni l’attore e modello francese Gaspard Ulliel, vittima di un incidente sulle piste di La Rosiere, in Savoia.
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