La gara preferita? “Mi piacciono un sacco i tremila ma in realtà mi trovo bene su tutte le distanze che corro, sui 5mila avrei voluto fare meglio l’anno scorso, ma a inizio stagione ero infortunata, poi ho avuto la mononucleosi. Il cross mi è sempre piaciuto, perché non ha tempi, spesso tutte le previsioni vengono ribaltate. E poi è vario, non è come fare il topolino in pista: dovunque vai hai un percorso diverso”. Per quest’anno si è data un programma molto ampio, dai 1.500 fino ai 10mila metri, dove “dovrei fare un po’ meno di 32 minuti, 31, ma parto da zero, è la prima volta, vediamo. Faccio i campionati italiani”. Nel mirino c’è il 5mila a giugno a Oslo, dove proverà il minimo per i campionati mondiali e per i Giochi di Parigi. “Ormai manca un anno, vorrei riscoprire e rivivere le stesse emozioni di Tokyo. Andare alle Olimpiadi era il mio sogno, a inizio stagione ero infortunata e invece sono arrivata in finale. Se ci ripenso mi viene un brivido: la call room, il villaggio olimpico, gli altri atleti, la pista… Sono cresciuta molto, oggi sono più matura, a Parigi spero di fare meglio“. Più in là chissà, magari ci saranno le lunghe distanze: “la mezza, la maratona mi interessano ma non adesso, ci penserò tra 5 anni”. E nel futuro l’ingegneria o l’allenamento? “Mi sono messa a studiare per occupare il tempo, mia mamma è socia di una ditta di ingegneri e architetti quindi chissà, il posto lo avrei. Per l’allenamento invece ti dico già di no, ci vuole talento: mio papà lo ha, io ti posso supportare ma non ho quel talento lì. A volte sento gli altri atleti parlare e io zitta: posso costruirti un edificio ma non dirti che allenamento fare”.