L'italiano si arrende al serbo nella finale dello storico torneo inglese
Lo promette sfoderando un sorriso pieno di fiducia e ottimismo: “E’ stato un lungo viaggio, ma non è una fine, è un inizio”. E c’è da credergli. Matteo Berrettini sbatte contro il colosso Novak Djokovic nella finale da favola sull’erba di Wimbledon persa 3-1 ma per la tenacia con cui ha combattuto contro il numero uno e per il tennis che è riuscito ad offrire e regalare al pubblico londinese, quel sogno chiamato Slam non appare poi così lontano.
L’azzurro si inchina davanti al re (al suo sesto titolo londinese) che per imporsi ha dovuto fare sfoggio del meglio del suo repertorio, trovando la forza di recuperare un set e poi, punto dopo punto, si è costruito una vittoria che rende onore ad un campione-cannibale, che non lascia briciole ai rivali. Il serbo, talento in missione contro gli altri due Fab 4, va contro se stesso, dritto per la gloria e per la storia. Ha eguagliato i venti Slam di Federer e Nadal, e guarda ancora avanti, a quelle sette vittorie da centrare a New York, agli Us Open, per diventare ancora più leggenda. Ma soprattutto al Grande Slam, per eguagliare il mitico Rod Laver. Berrettini ha perso con onore e a testa altissima con il punteggio di 6-7 (4) 6-4 6-4 6-3, dopo tre ore e 24 minuti di ‘battaglia’, contro un avversario che si è dimostrato superiore. Non solo nel gioco e nella tattica, quanto nella capacità di fare punto nei momenti chiave del match, riuscendo a leggere al meglio i momenti chiave. Il serbo ha preso pochi rischi quando non era necessario e ha dato la zampata quando invece c’era da mettere in chiaro la legge del più forte. Il primo set vinto al tie break da Berrettini dopo un avvio stentato causato dall’emozione, ha dato fiducia al tennista romano ma di fronte c’era un ‘marziano’ che ha resettato in fretta il passo falso nella prima frazione, costruito il secondo set prendendo in largo senza poi cedere alla mini rimonta di Berrettini.
Una volta ristabilita la parità dei set, Djokovic ha fatto valere la sua casse, la sua proverbiale capacità di restare dentro il match senza mai farsi influenzare dall’emozione, caricandosi anzi davanti al tifo pro Berettini del pubblico londinese. Nel terzo set Djokovic ha allungato senza mai cedere il servizio e poi nel quarto ha chiuso i conti approfittando degli errori, pochi ma decisivi, del romano. Djokovic diventa così il quinto nella storia a vincere i primi tre Slam di uno stesso anno dopo Jack Crawford (1933), Don Budge (1938), Lew Hoad (1956) e Rod Laver (1962 e 1969). “E’ stata più di una battaglia”, congratulazioni a Matteo. “E’ stata una una partita dura”, ha dichiarato il serbo. E non sono complimenti di circostanza. “Non è bello perdere in finale però sono sicuro che hai una grande carriera davanti a te. Hai un gioco incredibile, potente, un vero martello”, ha dichiarato il numero uno all’azzurro. Berrettini sa che questa non è una occasione persa. “E’ una sensazione incredibile, troppe emozioni da poter gestire. Novak in questo è più bravo di me, nel gestire le emozioni. Sta scrivendo la storia di questo sport, merita tutto. Ma per me questo è un inizio. Continueremo a provarci”, ha ammesso guardando oltre l’orizzonte.
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