L'accusa è di aver favorito il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quelli concorrenti

La Corte dell’Ue conferma l’ammenda di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti. 

La sanzione inflitta nel 2017 è stata confermata nonostante Google e Alphabet abbiano proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, poi respinta. Con decisione del 27 giugno 2017, la Commissione ha constatato che, in tredici Paesi dello Spazio economico europeo, l’azienda aveva privilegiato, sulla sua pagina di risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. Google aveva infatti presentato quei risultati di ricerca in prima posizione e li aveva valorizzati all’interno di “boxes”, accompagnandoli con informazioni visive e testuali attraenti. Per contro, i risultati dei concorrenti apparivano soltanto come semplici risultati generici (presentati sotto forma di link blu) ed erano per tale motivo suscettibili di essere retrocessi da algoritmi di aggiustamento nelle pagine di risultati generali di Google.

Il caso Apple

La Corte di giustizia, inoltre, si è pronunciata su un altro caso che riguarda un altro big tech: Apple. L’organo che ha sede in Lussemburgo ha confermato la decisione della Commissione europea del 2016: l’Irlanda ha concesso all’azienda americana un aiuto illegale di 13 miliardi di euro che lo Stato ora è tenuto a recuperare.

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