E' uno dei passaggi della lettera inviata dall'uomo che sparò a Papa Wojtyla al fratello di Emanuela Orlandi
Si torna a parlare del caso di Emanuela Orlandi. “Papa Wojtyla in persona ordinò che le due ragazze (Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, ndr) venissero prese e si servì di qualcuno fidatissimo per eseguire l’operazione in modo da non lasciare alcuna traccia. Il rapimento di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini di entità vicinissimi al Papa”. È uno dei passaggi della lettera, visionata da LaPresse, inviata da Alì Agca, l’uomo che sparò a papa Wojtyla, a Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, scomparsa a 15 anni il 7 maggio del 1983. “La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani. Il Fronte Anticristiano Turkesh non è mai esistito, sigla fasulla dietro cui si celava il SISDE e a questo proposito ritengo opportuno richiamare l’attenzione sul primo comunicato dei Turkesh del 4 agosto 1983: ‘Mirella Gregori? Vogliamo informazioni'”, si legge nella lettera.
“Il Sisde chiedeva informazioni. Erano evidentemente anche loro allo scuro della sorte di Mirella e questo ci fa capire, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a prendere Mirella erano stati uomini di Wojtyla! Poi il Papa rispose ai Turkesh/Sisde nominando anche Mirella Gregori il 28 agosto 1983 e così la messinscena proseguì spedita a beneficio dell’opinione pubblica e soprattutto di Pertini”.
Prosegue la lettera: “In Vaticano esiste certamente un dossier segretissimo su Emanuela Orlandi, come dichiara anche Francesca Chaouqui, impiegata nella Cosea, un dossier classificato come segreto di Stato e intoccabile. Lei ha deciso di non svelare ciò che ha letto in quel dossier, perchè se lo rivelasse ‘non farebbe il bene della Chiesa’… Se il Vaticano fosse innocente avrebbe già consegnato quel documento alla famiglia Orlandi o alle autorità italiane, ma non può farlo perché accuserebbe se stesso”.
Il fratello chiede di riaprire le indagini
Riaprire le indagini sul caso Orlandi perché “sono troppi i punti non chiari. Il Papa, dopo che gli abbiamo scritto a gennaio, ha risposto in maniera riservata di andare presso il tribunale Vaticano. Io ho portato la richiesta per un incontro con i promotori ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Io continuo a provare: è stato il Papa a dirci di andare da lui non vogliono che io verbalizzi perché farei nome e cognome delle persone. La stessa cosa succede invece presso la procura di Roma”. Lo dice a LaPresse Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la giovane scomparsa a 15 anni il 7 maggio del 1983.
“Non è la prima lettera che ricevo da Alì Agca e mantiene sempre la stessa linea da quando l’ho incontrato la prima volta a Instanbul nel 2010, appena uscì dal carcere. Lui scrisse nel ’97 una lettera a mio padre dove parlava di Emanuela. Bisogna capire il movente e le modalità, bisogna avere le prove. Lui racconta le sue verità, racconta di avere dei contatti con un sacerdote dell’Opus Dei”, ha concluso.
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