L'anniversario di uno degli eventi più duri della stagione stragista mafiosa, su cui ancora potrebbe non essere stata svelata tutta la verità

Sono passati 32 anni dal 19 luglio 1992, il giorno in cui in via Mariano d’Amelio, nel centro di Palermo, alle 16:59, un attentato mafioso costò la vita al magistrato Paolo Borsellino e a cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Una Fiat 126 imbottita di esplosivo spezzò la vita del magistrato a soli 57 giorni dall’omicidio del collega Giovanni Falcone a Capaci. Borsellino, 52 anni, stava facendo visita alla madre. Fu uno degli eventi più duri della stagione stragista mafiosa, inaugurata in risposta all’esito definitivo del maxiprocesso di Palermo, che aveva visto la condanna dei principali boss, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Una ‘morte annunciata’

Processo di cui proprio Borsellino fu uno dei giudici istruttori. Si trattò di una ‘morte annunciata’: diverse informative del Ros avevano infatti segnalato come il magistrato fosse nel mirino dei vertici di Cosa Nostra. Fu proprio in polemica con livelli di protezione non giudicati all’altezza di quanto necessitava il magistrato che la famiglia Borsellino rifiutò i funerali di Stato: le esequie si svolsero in forma privata il 24 luglio, alla presenza di oltre 10mila persone. La morte di Borsellino ebbe l’effetto di scatenare una forte ondata di indignazione in tutta Italia, già provata dall’omicidio Falcone, portando a un rinnovato impegno civile nella lotta contro la mafia.

Le indagini e il mistero dell”agenda rossa’

Le indagini sull’attentato negli anni successivi furono complesse, con ricorrenti accuse di depistaggi e di connivenze tra mafia e istituzioni. Al centro di queste controversie soprattutto il destino della ‘agenda rossa’ sparita dalla valigetta del magistrato poco dopo l’attentato omicida, nell’ambito delle perquisizioni sulla scena del delitto. Agenda che molti ritengono capace di svelare i segreti su una delle pagine più nere della Repubblica.

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