Nevica, in montagna stagione di Covid e di beffe – L’ANALISI

Il timore degli addetti ai lavori era già nell’aria lo scorso ottobre. Ci confidavano dalle montagne della Val Susa chi di sci campa e fa campare migliaia di persone: vedrete, ci costringeranno a non aprire. E così è andata, salvo – forse – un’apertura fuori tempo massimo e a catastrofe compiuta, un via agli impianti che all’ennesimo rinvio ha fissato nel 15 febbraio una possibile apertura. Vedremo. Nel frattempo si sono fatti i conti e non senza qualche considerazione. Davvero nulla si poteva fare per non salvare un comparto che indotto compreso vale oltre 12 miliardi e almeno 400 mila posti di lavoro? Davvero non c’era altra strada che condannare a morte apparente intere vallate e borghi che sull’industria del turismo e della pratica sciistica campa tutto l’anno su 4 mesi scarsi di lavoro? “Il covid e la pandemia sono una sciagura e una tragedia che nessuno vuole negare- si sfoga un albergatore di Sestriere – ma non c’erano soluzioni possibili praticabili per non seppellire sotto le più grandi nevicate mai viste in Italia da vent’anni?” Già perché oltre il danno la stagione 2020 – 2021 ha segnato anche la grande beffa: neve a volontà, tanta e costante, centimetri e centimetri, trenta ancora questo fine settimana. Bianca, candida, morbida lieve lieve… le montagne così imbiancate, dalle Alpi agli Appennini, le si vedevano forse dagli anni 80. Nella ridda di emergenze, di soluzioni, di qualche compromesso, lo sci è stato sacrificato senza nemmeno cercare di trovare delle soluzioni parziali, dei compromessi tampone, è la denuncia di tutti gli esercenti e addetti ai lavori, ad iniziare dalla ‘manovalanza’ degli impianti o i maestri di sci. “Non ci hanno nemmeno provato, limitando a fissare di volta in volta date successive per una possibile apertura poi mai avvenuta”. L’ultimo scampolo di speranza relegato ad un paio di settimane o poco più, dal 15 febbraio a quando la neve reggerà (metà marzo?). Eppure altrove escamotage sono stati trovati, basta guardare al di là della prima fila di vette, in Svizzera, a Crans Montana, per dirne una. Numeri contingentati, file agli impianti con rigorosa distanza di sicurezza, scandita da segnali visibili e sorvegliata da personale addetto. E poi seggiovie con posti alterni, funivie con numero di accesso contingentato. Organizzativamente impegnativo, certo, ma in tempo di virus in quale ambito è stato facile operare e dove non ci sono state importanti complicazioni? Il divieto tout court, sulle montagne coperte di neve, è stata l’unica soluzione contemplata. Le ricadute reali ancora da valutare per intero. In un paese che d’inverno vanta le località tra le più belle e gettonate al mondo per lo sport, in un paese che si prepara ad ospitare le Olimpiadi invernali, la beffa peggiore della stagione 2020/2021 non è arrivata forse né dal Covid e nemmeno dalle nevicate eccezionali.  

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