E' un vino dalle forti emozioni che ha respirato le onde, ne ha assorbito i sapori, ne ha catturato i profumi. A un anno dalla vendemmia dello scorso anno, quel vino è stato finalmente imbottigliato e si presenta come un unicum nel panorama enologico sardo
E’ un vino dalle forti emozioni, Donna Ma’. Col sapore del mare, il profumo del sole, le sfumature di sale e Sardegna. E’ il Vermentino che ha respirato le onde, ne ha assorbito i sapori, ne ha catturato i profumi. Un isolotto che era completamente abbandonato quello di Culuccia, con una striscia di terra che lo collega alla terraferma, nello spettacolare arcipelago della Maddalena, trasformato nella culla del Vermentino fatto con l’uva che ha riposato in mare. Un’idea di Andrea Pala, eletto qualche mese fa da una giuria di esperti miglior giovane enologo d’Italia, che della sua creatura parla con giustificato orgoglio. “Abbiamo vigneti piantati a 7 e 11 metri dal mare, e già il vino prodotto con quelle uve regalava sensazioni salmastre. Poi, con gli imprenditori che hanno investito nel progetto, abbiamo pensato di spingerci oltre, abbiamo fatto riposare le uve in mare e questo ha donato caratteristiche straordinarie e uniche a un vino che racchiude in sé, forte, l’impronta del territorio dove viene prodotto”, spiega Pala a LaPresse. “Proprio l’acqua è un elemento centrale nella produzione di questo Vermentino: le sue uve, infatti, hanno riposato in acqua per un breve periodo per poi essere letteralmente ripescate per iniziare un processo di vinificazione classico. Oggi, a un anno dalla vendemmia dello scorso anno, quel vino è stato finalmente imbottigliato e si presenta come un unicum nel panorama enologico sardo, tra i pochissimi esempi sperimentati a livello nazionale. Un processo lungo, con passaggi nei serbatoi di acciaio, durato molti mesi”.
Ricerca, sperimentazione e innovazione. Sono queste le parole che hanno spinto Pala a creare un vino che ha nel mare il suo elemento naturale, un Vermentino Isola dei Nuraghi IGT prodotto in un numero limitato di bottiglie, poco più di 500, non in commercio: chi vuole assaggiarlo può farlo direttamente nel punto ristoro dell’isolotto, respirando gli stessi profumi che quel vino ha catturato.
“E’ un progetto senza scopo di lucro destinato più alla ricerca, alla conferma scientifica e allo stupore degli appassionati. Del resto – ricorda Pala – fin dall’antichità ci sono esempi di questo tipo: sull’isola greca di Chios, l’uva veniva tenuta in acqua di mare prima di essere lasciata asciugare sui graticci e vinificata. Come nell’antica Grecia, anche qui sono stati selezionati grappoli senza la minima lacerazione della buccia, per evitare che l’acqua salata danneggiasse gli acini, per poi essere adagiati sul fondale”.
Un vino speciale, dunque, che nasce in un contesto unico, un’isola totalmente green, un modello di eco sostenibilità a livello mondiale, un luogo dove i divieti a protezione del territorio sono diventati una straordinaria opportunità. In questi 300 ettari di paradiso tutto è ecologico, la plastica è bandita e l’energia elettrica è prodotta grazie ai pannelli solari e a un generatore di emergenza.
A Culuccia, oltre il vino fatto con l’uva che ha riposato in mare, si producono anche un secondo vermentino, uno spumante realizzato con il metodo classico, miele, mirto, gin e persino le ostriche frutto del restauro delle antiche strutture di allevamento dei mitili.
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